Quando le vacanze estive si avvicinano, si allunga la lista dei libri che vorremmo leggere in quelle che immaginiamo – e pregustiamo – come lunghissime giornate di riposo e lettura; salvo poi renderci conto che anche in estate le giornate sono fatte di 24 ore e il tempo a disposizione è e sarà sempre inferiore alle pagine scritte e pubblicate.
Di buoni propositi libreschi, insomma, sono piene le mensole a settembre.
E tuttavia quello che sta per arrivare è un consiglio di lettura spassionato, da aggiungere se vorrete alla vostra lista estiva, ma che in realtà è slegato dalle stagioni metereologiche e da quelle della vita. “L’apprendista stregone” di Daniele Archibugi è infatti uno di quei libri che possono essere letti sempre: quando si è giovani studenti universitari, quando si è passati dall’altra parte della barricata come professori, oppure quando, non avendo mai pensato di intraprendere la carriera accademica, si ha voglia di capire qualcosa di più sul mondo della ricerca e sui meccanismi che la regolano in Italia.
Di “trucchi, consigli e sortilegi per aspiranti studiosi” racconta il testo di Archibugi, pubblicato qualche mese fa da Luiss University Press. La prima aspirazione del libro – che è a tutti gli effetti un manuale di sopravvivenza per ricercatori – è prima di tutto informare giovani studiose e studiosi sulle regole esplicite e implicite della comunità accademica. Descrivendo tale comunità e delineando chiaramente le tappe del percorso (che ai più giovani potrebbe non essere chiaro a priori, e che va dall’individuazione delle proprie capacità alla scelta del mentore, fino ad arrivare a tutti passaggi e le insidie legate alla pubblicazione degli articoli), Archibugi offre spunti interessanti anche a chi giovane non è più e si trova da anni ad avere a che fare con studenti e aspiranti colleghi. Una posizione che l’autore conosce bene, grazie alla sua esperienza personale e al lavoro presso le Università del Sussex, di Roskilde, di Napoli e di Cambridgem, ma anche di ricercatore presso il CNR e di consulente dell’Ocse, dell’Unione Europea e di varie agenzie specializzate delle Nazioni Unite.
In molti capitoli del libro, infatti, sono presenti riflessioni rivolte ai colleghi professori e tabelle per valutare il proprio operato: dei veri e propri esercizi che possono tornare utili per provare a prendere le distanze da se stessi e cercare di valuarsi come insegnanti. Un’altra caratteristica di “L’aspirante stregone” è il grado di dettaglio con il quale l’autore ha deciso di affrontare ogni argomento. (Scelta stilistica che non sorprenderà chi conosce l’autore…). Nel capitolo intitolato “La lettere di referenza” Archibugi passa in rassegna ogni aspetto della questione: a chi chiedere di scriverla, come farlo, come stilare un brogliaccio, come leggere tra le righe e persino quanto tempo, in media, il professore prescelto dedicherà alla scrittura di tale lettera. Considerazioni che suonano un po’ come il richiamo del grillo parlante a chi di noi ha chiesto al malcapitato studente da presentare “di buttare giù due righe e una prima bozza, che poi io dopo la rivedo”.
Un’ulteriore obiettivo di “L’aspirante stregone” è quello di essere uno strumento per assicurare l’accesso al mondo della ricerca al numero più vasto possibile di aspiranti studiosi italiani. Un accesso diciamo così differenziato, come differenziati possono essere gli sbocchi di una carriera accademica. Questo libro va letto insieme a The Engaged Scholar, di Andrew Hoffman, testo di cui trovate qua la bella recensione del collega Paavo Ritala. Il pubblico a cui si rivolge Archibugi è però quello di casa nostra, che conosce bene e al quale ha dedicato un capitolo della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia”, stilata lo scorso anno dal CNR.
Il capitolo scritto da Archibugi insieme a Marco Cellini, Ilaria Di Tullio, Azzurra Malgieri, Vitantonio Mariella e Lucio Pisacane è dedicato alla valutazione del dottorato di ricerca come strumento di politica della scienza e della tecnologia. Dall’analisi fatta e dal confronto con i nostri partner economici, politici e culturali, «l’Italia si ritrova in una posizione arretrata e che è del tutto congruente con il complessivo ritardo per quanto riguarda le risorse destinate alla scienza e alla tecnologia. In particolare, è del tutto coerente con lo scarso numero di ricercatori che trovano impiego nell’economia e nella società italiana». Un ritardo che è importante colmare a livello strutturale e nazionale, ma che può essere ridotto anche attraverso la preparazione dei singoli, ai quali fornire quei “trucchi, consigli e sortilegi” così ben raccontati da Archibugi nel suo libro.
Archibugi non è esattamente l’autore ideale da portare sotto l’ombrellone, anche se il suo stile di scrittura ci permette di passare qualche ora piacevole insieme al suo testo, che conferma, oltre alla grande esperienza dell’autore, il profondo senso etico nei confronti della professione, il senso di missione che con un pizzico di ironia ma sempre con tanto rigore, rimane al centro dei pensieri di Daniele. Probabilmente anche sotto l’ombrellone.
Di Alberto Di Minin e Norma Rosso