Le banane non sono radioattive. O meglio, non lo sono più di tutti gli oggetti che ci circondano in questo momento, mentre scriviamo di “Comunicare scienza e innovazione”, il libro curato da Debora Angeloni e Federico Pedrocchi per le edizioni del Sole24ore. Sulle banane torneremo, ma intanto introduciamo il lavoro con le parole di Marco Frey, prorettore al trasferimento tecnologico della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che lo definisce un “manuale di comunicazione in ambito di scienza e tecnologia per la Terza Missione” e il primo testo in Italia a fornire un quadro sugli strumenti e lo stato dell’arte in questo ambito.
Angeloni e Pedrocchi – la prima biologa molecolare, che all’interno della Scuola Sant’Anna gestisce da tempo un corso di Comunicazione di scienza e tecnologia per la Terza Missione dell’università; il secondo giornalista, specializzato in scienza, tecnologia e innovazione – hanno immaginato un pubblico diversificato per il loro testo, rivolgendosi innanzitutto a coloro che hanno una formazione scientifica e tecnologica e devono comunicare i risultati del loro lavoro a un pubblico ampio, ma anche a chi di scienza e tecnologia si interessa per proprio gusto personale.
La lettura è per questo fluida e piacevole, con contributi che spaziano dalla riflessione sul metodo, raccontata da Telmo Pievani (filosofo delle scienze biologiche e delegato del Rettore per la Comunicazione istituzionale e la Divulgazione scientifica dell’Università degli studi di Padova), a quella brillante di Marco Malvaldi (famoso autore dei romanzi del BarLume, e chimico formato all’Università di Pisa dove, dopo il dottorato, ha fatto ricerca per alcuni anni), fino all’applicazione efficace degli strumenti della comunicazione.
A tal proposito, se l’affermazione sulle banane vi è sembrata scontata o fuori luogo, il libro che abbiamo sottomano ci insegna che quando si parla di scienza ci sono molte cose da non sottovalutare. Per esempio, mai sottovalutare il contesto nel quale si sta facendo un intervento: chiedetelo a John Holdren, consigliere scientifico di Obama, nonché fisico di professione, che dopo il terremoto di Fukushima si è presentato di fronte a una platea di giornalisti con l’intenzione di tranquillizzare la popolazione californiana sul possibile arrivo di nubi radioattive e ha invece ottenuto l’effetto contrario. Da sapienti comunicatori, Angeloni, Pedrocchi e tutti gli autori e le autrici del libro disseminano importanti insegnamenti lungo tutti i loro testi, utilizzando storie come questa per trasmettere meglio il loro messaggio.
Nel testo viene trattato anche l’ambito particolarmente difficile, ma al tempo stesso estremamente stimolante, dei social network. Qui l’esperto è Marco Martinelli: oltre a essersi laureato con lode in Biotecnologie molecolari e industriali alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove ore è ricercatore e figura di supporto all’ufficio comunicazione, dal 2016 Martinelli si occupa di divulgazione scientifica, sia televisiva (da ottobre 2022 su Rai Gulp è stato lanciato il suo primo format “Il piccolo chimico”) che social. Il suo profilo TikTok, che propone solo video scientifici e conta più di 320.000 follower, è un perfetto esempio di ciò che bisogna fare per divulgare in modo efficace attraverso questo mezzo. Nel capitolo scritto per “Comunicare scienza e tecnologia”, Martinelli inquadra i profili professionali legati alla comunicazione social, sottolinea questioni cruciali come la dipendenza dall’algoritmo, e dà suggerimenti pratici sulle mosse da fare per divulgare in modo efficace.
«Comunicare è un’attività intellettuale complessa», scrivono Angeloni e Pedrocchi nella loro comune introduzione al testo. E, aggiungiamo noi, è anche un’attività ricca e diversificata: come mostrano le specificità delle persone che hanno dato il loro contributo al libro, comunicare richiede competenze che vanno allenate con costanza e una predisposizione altrettanto vispa a cogliere le novità, a restare al passo con i cambiamenti del mondo. Ma perché tutto questo serve? La necessità di una comunicazione scientifica efficace riguarda il nostro ruolo di cittadini, essere informati e consapevoli, e quindi capaci di esprimere un parere quando richiesto, come nel caso dei referendum. Come spiegano i curatori, «la democrazia partecipativa si declina anche attraverso processi in cui compiere scelte consapevoli richiede competenze talvolta non banali e che pure devono essere trasversalmente condivise».
Di Alberto Di Minin e Norma Rosso