Dall’Acciaio alla Conoscenza: una Nuova Frontiera per l’Europa

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, il mondo era un campo di macerie e possibilità. Tre grandi blocchi— Stati Uniti, Europa e Cina—si trovarono di fronte alla sfida di ricostruire, unificare, difendere. Ma ciascuno scelse una via diversa.

Negli Stati Uniti, Vannevar Bush pubblicò nel 1945 Science, The Endless Frontier, un documento visionario che pose la scienza e la ricerca al centro della strategia di sviluppo americana. Fu l’atto fondativo della National Science Foundation e di un modello di progresso basato sulla conoscenza.

In Europa, la risposta fu più concreta: nel 1951 venne istituita la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA). Carbone e acciaio non erano più solo risorse industriali, ma divennero simboli di ricostruzione, di coesione e di pace tra nazioni prima nemiche.

In Cina, invece, la fine della guerra segnò l’inizio di una nuova fase del conflitto interno. Dopo la resa del Giappone nel 1945, la guerra civile tra il Partito Comunista Cinese (PCC) e il Kuomintang (KMT) culminò nel 1949 con la vittoria del PCC e la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese. Questo evento segnò l’inizio di una nuova era per la Cina, centrata su unità nazionale e sviluppo industriale sotto guida statale, a scapito di una libertà culturale e individuale che invece costituiranno i capisaldi del mondo occidentale.

Dopo aver posto le basi della cooperazione con la CECA, l’Europa trovò altri terreni molto concreti per rafforzare il proprio patto e affrontò nuove sfide legate alla sicurezza alimentare. Nel 1962 nacque la Politica Agricola Comune (PAC), che presto divenne una delle linee di azione più importanti dell’UE, assorbendo negli anni ’80 oltre il 70% del bilancio comunitario. Pur avendo oggi un peso minore, la PAC continua a sostenere la coesione sociale e la transizione ecologica. Mentre si animava l’idea della creazione di un mercato e di una moneta unica, a partire dagli anni ’80, si fece strada l’idea che la coesione europea dovesse fondarsi anche sulla scienza e sull’innovazione. Nel 1984 l’UE lanciò il primo Programma Quadro per la Ricerca (FP1) con l’equivalente di 3,8 miliardi di euro. Mi fa sempre una certa impressione riguardare il trend di crescita di questi programmi: 

  •   FP2 (1987–1991): 5,4 miliardi di euro
  •   FP3 (1990–1994): 6,6 miliardi di euro
  •   FP4 (1994–1998): 13,2 miliardi di euro
  •   FP5 (1998–2002): 15,0 miliardi di euro
  •   FP6 (2002–2006): 16,3 miliardi di euro
  •   FP7 (2007–2013): 50,5 miliardi di euro
  •   Horizon 2020 (2014–2020): 77 miliardi di euro
  •   Horizon Europe (2021–2027): 95,5 miliardi di euro

Horizon Europe è oggi un terreno comune dove ricercatori e innovatori di tutta Europa competono e collaborano, rafforzando l’identità europea attraverso la condivisione della conoscenza.

Oggi, i tre blocchi globali si confrontano nuovamente sul terreno della scienza. La Cina ha posto la scienza e la tecnologia al centro del suo piano di sviluppo. Nel monumentale “Tecnocina. Storia della tecnologia cinese dal 1949 a oggi”, il giornalista di Chora Media Simone Pieranni ripercorre le tappe salienti di questo percorso da fabbrica del mondo a innovation hub globale (rimando alla mia recensione del libro qua).

Gli Stati Uniti, storicamente riconosciuti come il faro dell’innovazione globale, vedono il loro modello messo in crisi dalle politiche dell’amministrazione Trump: tagli alla ricerca, barriere all’immigrazione, attacchi all’autonomia delle università. Tre i capisaldi del predominio americano, chiaramente codificati nella letteratura di public policy,  che sono oggi sotto pressione:

  1. Accoglienza dei talenti globali: AnnaLee Saxenian ha mostrato come la Silicon Valley sia cresciuta grazie ai “nuovi argonauti”, immigrati ad alta specializzazione, da Harvard a Berkeley, dietro a un’innovazione o un premio Nobel Made in USA ci sono tante persone Not Born in the USA.
  2. Innovazione aperta: Carliss Baldwin ha descritto come la modularità nei sistemi tecnologici abbia favorito ecosistemi collaborativi, Henry Chesbrough ha coniato denti anni fai il termine Open Innovation che dalla California ha poi ridefinito le regole del gioco del management dell’innovazione in tutto il mondo.
  3. Catene globali del valore: Gary Gereffi ha analizzato il ruolo centrale delle aziende americane nel coordinare reti produttive mondiali. Il risultato è stato un sistema di produzione internazionale, di cui gli USA sono riusciti a detenere il controllo e gran parte dei profitti.

Il Presidente Donald Trump ha messo in discussione tutto questo con l’obiettivo di riequilibrare la bilancia commerciale, riportare certa manifattura negli USA. La sua proposta strategica di medio termine non ha trovato credito tra i principali analisti, anche perché sta mettendo in dubbio la centralità del dollaro come indiscussa riserva di valore. (interessante questa puntata speciale di APM Marketplace intitolato “Selling America”E l’Europa?

L’ERA (European Research Area) non è più un sogno, ma una realtà molto concreta. Stiamo parlando di una delle principali aree di ricerca e innovazione mondiale con oltre 2 milioni di persone impegnate in attività di ricerca (negli USA si arriva a un FTE di 1,6 milioni, in Cina oggi si parla di 2,6 milioni di FTE). L’Europa è responsabile del 18% delle pubblicazioni scientifiche globali, inoltre, circa 1200 università europee hanno presentato almeno una proposta di brevetto presso l’EPO tra il 2000 e il 2020. ERA è una realtà frammentata, caratterizzata da protezionismi, barriere, burocrazie e priorità regionali. Il 20% di tutti i ricercatori europei oggi lavora in Germania e, secondo l’EPO, il top 5% delle università europee  oggi deposita  più della  metà delle domande di brevetto provenienti da istituzioni accademiche.

In un contesto  in cui le grandi potenze globali stanno rimettendo in discussione il confronto tra scienza e tecnologia, l’Europa si è distinta per aver anticipato il dibattito strategico attraverso tre documenti pubblicati nel 2024:

  1. Piano Strategico Horizon Europe 2025–2027 (marzo 2024)
    La Commissione Europea adotta il secondo piano strategico di Horizon Europe, orientando i finanziamenti per la ricerca e l’innovazione verso tre priorità: transizione verde, transizione digitale e costruzione di un’Europa più resiliente e competitiva. Il piano prevede un impegno significativo in settori chiave come la biodiversità, la digitalizzazione e la sostenibilità. 
  2. Rapporto Letta – “Much More Than a Market” (aprile 2024)
    Enrico Letta propone l’introduzione di una “Quinta Libertà” nel Mercato Unico europeo, focalizzata sulla libera circolazione della conoscenza, della ricerca e dell’innovazione. Il rapporto sottolinea l’importanza di potenziare le infrastrutture di ricerca, creare un European Knowledge Commons e promuovere la mobilità dei ricercatori.
  3. Rapporto Draghi – “The Future of European Competitiveness” (settembre 2024)
    Mario Draghi delinea una strategia per rafforzare la competitività dell’UE, evidenziando la necessità di investimenti annuali aggiuntivi tra 750 e 800 miliardi di euro. Il rapporto enfatizza l’urgenza di una politica industriale coordinata, una rapida digitalizzazione e una cooperazione senza precedenti tra gli Stati membri.

Questi documenti avevano tracciato, già un anno fa, gli elementi per una  risposta strategica dell’Europa alle sfide globali che si sono ora ben delineate.

In particolare l’idea de La Quinta Libertà rappresenta dal mio punto di vista una nuova frontiera per l’Europa, che richiama la sfida lanciata da V Bush nel 1945 con Science The Endless Frontier.  Il Mercato Unico europeo si basa su quattro libertà: circolazione di persone, beni, servizi e capitali. Il Rapporto Letta propone di aggiungerne una quinta: la libera circolazione della conoscenza, della ricerca, dell’innovazione e dell’educazione. Questa visione prevede:

  •   Infrastrutture di ricerca condivise
  •   Mobilità dei ricercatori
  •   Governance europea per l’innovazione
  •   Scienza aperta e condivisione dei dati
  •   Educazione superiore accessibile e digitale

Anche il Rapporto Draghi richiama l’urgenza di colmare il gap tecnologico con Cina e USA. La Quinta Libertà diventa così il perno strategico di una nuova Europa competitiva e coesa. Horizon Europe 2025–2027: vede alcuni (ma non tutti) elementi della Quinta Libertà in azione.  Il nuovo piano strategico Horizon 2025-27 non menziona esplicitamente la Quinta Libertà, ma ne incarna lo spirito. Le sue tre priorità strategiche (transizione verde, digitale, resilienza) sono fondate sulla ricerca e l’innovazione. Con 95,5 miliardi di euro di budget, Horizon è lo strumento più avanzato di questa visione.

Ecco dunque il nuovo carbone e l’acciaio dell’Europa! Affrontata con concretezza la ricostruzione postbellica: identificata una strada per la costruzione di un mercato unico e gettate le basi per una European Research Area, oggi l’Europa rappresenta il mio punto di riferimento per una sfida intellettuale, culturale, geopolitica senza precedenti. Dei 700-800 miliardi di investimenti aggiuntivi identificati nel Rapporto Draghi una quota consistente dovrebbe andare a Horizon. Perché non è più solo un programma: è l’infrastruttura costitutiva della nuova Europa. Una che non è più solo un mercato, ma un luogo dove si produce futuro, a presidio della nostra quinta libertà.

Non mi sto abbandonando ad un cieco ottimismo, non vi sto proponendo di dimenticare tutti i problemi che stanno caratterizzando l’attuale scenario ma continuo ad inorridire davanti al pessimismo del partito dell’ORMAI È TROPPO TARDI… “Abbiate perciò il coraggio di sostituire le paure coi sogni” disse Papa Francesco nell’Agosto del 2023 incontrando gli studenti dell’Università Cattolica di Lisbona. “Non siate amministratori di paure, ma imprenditori di sogni!”. Come ha fatto il collega Andrea Prencipe (e Vasco Rossi), nel salutare la scomparsa del Pontefice, prendo anche io in prestito le parole di Francesco che riassumono bene lo spirito per costruire sulle basi di tutto quello fatto finora e tradurre (come Europei) in opportunità le tante minacce che ci circondano. 

 

Di Alberto Di Minin