Dal rumore dell’hype alla disciplina dell’esecuzione
Dopo circa 20 anni che utilizzo i suoi libri e modelli ho incontrato Alex Osterwalder a Trieste, nel campus di Area Science Park, ente pubblico nazionale di ricerca che, a Trieste dal 1978, fa da ponte tra ricerca e impresa e coordina IP4FVG come piattaforma regionale per la trasformazione digitale. Grande merito all’amico Cristiano Piani, business developer dell’ufficio generazione di impresa, e alla leadership di AREA, per aver portato per la prima volta Alex a contatto con le realtà delle start-up italiane che nascono dal contesto deeptech. Ci ha spiegato Cristiano: «Il percorso si chiama SCALEUP LAB, pensato per 18 startup italiane che vogliono scalare al prossimo livello, sta all’interno del progetto europeo IP4FVG-EDIH. Un task del progetto prevedeva di supportare delle startup nel miglioramento dei modelli di business in ottica resiliente».
Insieme a me, a guidare la prima giornata di lavoro, Giovanni Tolin, mio insostituibile compagno d’aula e Alvise Bonivento, VC, partner/co-fondatore e Investment Director di Indaco Venture Partners. A noi il ruolo di salire sul palco prima dell’arrivo della star. Il workshop che si conclude oggi e prepara altri tre mesi di lavoro online inseme dall’azienda di Osterwalder, Strategyzer, valeva il viaggio. Alex va oltre ogni aspettativa, rimanendo ben ancorato ad un modo di fare preciso, molto disciplinato… svizzero: “Scusatemi se siamo andati lunghi di un minuto!” ha detto congedandoci per pranzo, dopo aver scombinato e ricombinato modelli di business, in intensi lavori individuali e di gruppo, che però Osterwalder riusciva a tenere rigorosamente sotto controllo.
Chi non conosce Alex Osterwalder? Imprenditore e autore svizzero, co-creatore del Business Model Canvas, formalizzato per la prima volta nella sua tesi di dottorato The Business Model Ontology (Università di Losanna, 2004), e co-fondatore di Strategyzer. Con Yves Pigneur ha firmato i bestseller Business Model Generation, Value Proposition Design e The Invincible Company. È regolarmente inserito da Thinkers50 tra i Top 10 pensatori di management al mondo (n. 8 nel 2023) e ha ricevuto il Thinkers50 Strategy Award.
In questa conversazione per Fuoriclasse, Alex riporta l’attenzione su ciò che conta davvero quando la tecnologia promette rivoluzioni: i fondamentali del business. Le ondate di entusiasmo sono ricorrenti — lo abbiamo visto con Internet, lo vediamo oggi con l’AI. Prima l’euforia e i capitali, poi la delusione per risultati che non arrivano subito. Dentro questo ciclo, dice Osterwalder, il vero errore è dimenticarsi le basi: cioè creare valore per clienti in carne e ossa e trasformarlo in un modello di ricavi solido. La tecnologia è un acceleratore, non il traguardo. Sono tantissime le analogie con l’altra grande rivoluzione digitale, quella di inizio secolo, che ha portato Osterwalder a sviluppare il suo famoso business model canvas, nell’ambito del suo dottorato insieme a Yves Pigneur. Migliaia di aziende hanno preso in mano quello strumento per rivedere la loro value proposition, identificare il segmento di mercato, inquadrare e dare un senso ad una tecnologia. Alex rivendica l’attualità dei suoi strumenti ed in particolare della possibilità di ricondurre le diverse forme di disruption ai modelli sviluppati (pre AI) nel libro The Invincible Company.
Guardando al contesto europeo, Osterwalder riconosce un’eccellenza tecnologica diffusa, dalla ricerca universitaria ai centri di trasferimento. “Non è lì il problema nel confronto con altre realtà! Il collo di bottiglia si manifesta quando si passa dall’innovazione al mercato su larga scala. Scalare richiede persone che ci siano già passate, che sappiano quando spingere, come costruire organizzazione e go-to-market, quali talenti servono in ciascuna fase. Il capitale aiuta, ma senza esperienza e ambizione il motore rimane al minimo. Anche la regolazione entra in gioco: l’Europa a volte è lenta o goffa, ma l’assenza di regole non è un modello migliore. Non bisogna infatti dimenticare che le imprese hanno l’obbligo di fare profitti, non di avere buone intenzioni”.
Sul futuro prossimo dell’AI, l’invito è tenere separato la tecnologia abilitante dall’applicazione emergente. L’imprenditore deve restare con i piedi saldi nel presente: lavorare sull’orizzonte dei prossimi dodici-ventiquattro mesi, sperimentare in modo sistematico e leggere i segnali del cliente. Ostervalder lo sta facendo con la sua azienda, e personalmente sono rimasto molto colpito dalla capacità del suo staff di integrare i diversi strumenti nella sua piattaforma educativa. L’AI, nella pratica, oggi sposta l’ago della bilancia soprattutto in due direzioni: fa risparmiare tempo in attività ad alta intensità di conoscenza e rende fattibili cose che prima non lo erano, dall’app sviluppata senza saper programmare alla reportistica che passa da una settimana a qualche ora. Il punto, ancora una volta, non è l’algoritmo in sé: è capire quali problemi reali risolve e come questo si traduce in trazione, margini, crescita.
“Difficile pensare al proprio modello di business in un contesto geopolitico così esplosivo, non credi?” Gli chiedo se la soluzione è trasferire le start-up che vogliono scalare in qualche cantone elvetico.. Lui sta al gioco, ma mi risponde senza tradire la sua proverbiale concretezza. “Anche in questa situazione, che ovviamente ci può preoccupare, invitiamo gli imprenditori a concentrarsi su ciò che loro sanno e possono controllare. Le tensioni globali destabilizzano, ma spesso non sono leve su cui un’impresa può agire direttamente; l’energia va messa dove produce impatto: proposta di valore, modello economico, capacità di apprendere velocemente dal mercato e qualità delle persone in squadra.”
Riparto da Trieste consapevole che anche se tanto nei prossimi anni è destinato a cambiare, non cambierà l’ordine delle priorità per l’imprenditore. Prima il cliente (di oggi e di domani), poi il modello di business, quindi la scala. Le tecnologie entrano e escono dai cicli dell’hype; la disciplina con cui la creatività si traduce in esecuzione… resta.