L’impresa è un’ “Opera Aperta”. Chissà se Henry Chesbrough ha mai pensato ad un punto di collegamento tra il suo modello di gestione dell’innovazione e il testo del Prof. Umberto Eco, che proponeva una visione dell’arte intrecciata con il metodo scientifico!
Questo comunque è il titolo dell’apertura del primo numero di Nòva della stagione autunnale. Il mio pezzo propone un’analisi di dove siamo arrivati nella divulgazione e applicazione del concetto in Italia.
Tre le idee che propongo nel passare dalla teoria alla prassi aziendale, approfondite con altrettanti box.
1. Fondamentale la revisione dei processi: Open Innovation non vuol dire solo management della ricerca e sviluppo. Ne scrivono Chiara De Marco e Cristina Marullo riassumendo i risultati di un nostro studio promosso da JRC.
2. Open? Yes but controlled! Imprenditori manager e innovatori devono tenere ben presente la necessità di appropriarsi dei risultati del loro investimento. Massimiliano Granieri discute di brevetti, proprietà intellettuale e modelli di business.
3. Gli utenti sono una importante fonte di innovazione. Metto a fuoco questo punto con un’intervista a Frank Piller, uno dei primi ricercatori europei ad affrontare questo tema.