#FuoriCernobbio con Enrico Letta: Europa, Ricerca e Internazionalizzazione

Con il Presidente Enrico Letta inizia #FuoriCernobbio: una raccolta di riflessioni sull’economia, sull’impresa e sull’innovazione, maturate dialogando insieme ad alcuni dei partecipanti alla tre giorni organizzata da The European House Ambrosetti presso Villa d’Este. Proporrò questi pezzi nel corso delle prossime settimane, in esclusiva per i lettori del Blog Nòva FuoriClasse.

Ho incontrato Enrico Letta poco prima della tavola rotonda sull’Europa da lui coordinata. Questo panel, intitolato “Ways Ahead for the European Union”, con David Goodhart, Gert Wilders, Mario Monti e Josep Borrell, è stato anticipato da un intervento di Frans Timmermans, Vice Presidente della Commissione Europea e ha rappresentato, a mio giudizio, il momento più alto ed emozionante di questa tre giorni sul Lago di Como.
Ancora inconsapevole di quanto stava per accadere, ho chiesto ad Enrico Letta di darmi alcuni punti di riferimento per comprendere meglio il momento che l’Europa e l’Italia stanno attraversando.

ADM: Presidente Letta, al Forum di Cernobbio 2017 lei parlò della necessità di restituire un ruolo cardine alle istituzioni europee, rafforzandone la credibilità e centralità per riuscire ad affrontare le sfide competitive dei prossimi anni. A un anno di distanza qual è il messaggio che porta a Villa d’Este?

Sinceramente sono molto preoccupato per quello che accadrà il prossimo anno. Il 2019 sarà infatti un anno fondamentale per il futuro dell’Europa, le elezioni europee di Maggio ridisegneranno completamente gli equilibri nel Parlamento Europeo, e credo che questi nuovi equilibri saranno caratterizzati da grande frammentazione. Non so se questa frammentazione porterà degli effetti positivi, anzi temo che finisca per accrescere ulteriormente l’instabilità politica nel vecchio continente con conseguenze negative sulla forza e credibilità delle istituzioni europee. Teniamo presente che l’appuntamento delle elezioni europee avviene in un momento molto particolare: c’è una Commissione in scadenza, ci sono i vertici della Banca Centrale che stanno per cambiare. In questo frangente sarebbe fondamentale avere istituzioni europee in grado di risolvere i problemi, cosa che non sta avvenendo. La fragilità dell’Europa potrebbe avere delle ripercussioni anche sull’Italia, dal momento che credo fortemente che l’Italia, con un Europa in disordine, soffra più degli altri paesi.

ADM: Lei oggi sta onorando con grande dedizione il suo ruolo di docente presso Sciences Po. Le chiedo dunque quale possa essere il ruolo delle istituzioni universitarie in questo frangente. Nella storia, gli Atenei europei hanno saputo essere stella polare in momenti di difficile cambiamento, influenzando il dibattito, partecipandovi attivamente e proponendo ai nostri allievi contenuti “alti” ma anche modelli e delle ambizioni da perseguire.

La mia convinzione è che l’investimento in conoscenza e nell’università sia fondamentale. Credo però che la crisi economica e finanziaria attraversata dal nostro paese abbia comportato delle grandi difficoltà anche in quel campo, difficoltà che si sono tradotte in drastici cali degli investimenti, mentre gli altri paesi continuavano a investire. Le università cinesi per esempio continuano a spingere fortemente su formazione e conoscenza, così come altri paesi dell’Asia. Tutto questo in Italia non sta succedendo mentre credo che sia un passaggio fondamentale per rilanciare il nostro paese.

ADM: Più risorse alla ricerca e alle università, certo, ma è realistico? Personalmente non vedo grande urgenza o grande consenso in Italia per aumentare significativamente le risorse a favore dell’educazione avanzata e della ricerca scientifica. Ci sono strade alternative? Che ne pensa di un mondo della scienza e della tecnologia a trazione privata, finanziato da risorse provenienti dal mondo delle aziende e delle fondazioni?

Sicuramente questa potrebbe essere una strada percorribile e che stiamo cercando di intraprendere soprattutto a livello europeo. Le università italiane devono rimanere dentro questo processo di alleanza e integrazione con il settore privato, cercando di esserne protagoniste. Oltre a queste collaborazioni, io mi aspetto che il mondo dell’economia e dell’imprenditoria italiana si accorga che l’investimento sulla ricerca, l’innovazione e la conoscenza è fondamentale per rimanere competitivi. Al momento vedo troppa disattenzione e confusione su questo ambito. L’università crede infatti che i soldi da investire debbano provenire solamente dal pubblico mentre il mondo del business non vede l’investimento in ricerca come prioritario. Mi auguro che nei prossimi anni questa tendenza possa cambiare, perché la ricerca e la conoscenza saranno fondamentali per far tornare il nostro paese competitivo e innovativo.

ADM: Rimanendo sul tema della competitività e dello sviluppo, alcuni osservatori internazionali sono convinti che l’Italia, nella migliore delle ipotesi, sia destinata ad un lungo periodo di stagnazione. Mancano, a loro giudizio, le precondizioni per una ripartenza decisa, per un rilancio del nostro vantaggio competitivo. Io sono più ottimista, vedo segnali incoraggianti: racconto tante storie di coraggiosi imprenditori e manager visionari sul mio blog. Quando porto queste testimonianze in classe, i miei allievi al Sant’Anna condividono questo entusiasmo.
Dove possono guardare a suo giudizio i nostri imprenditori?

Un punto di partenza che mi sento di proporre è Italia-ASEAN, associazione no profit che abbiamo creato insieme ad altri colleghi, con l’obiettivo di rafforzare i rapporti con alcuni paesi emergenti dell’Asia come ad esempio Malesia e Vietnam. ASEAN comprende paesi molto dinamici, basti pensare che tra i 10 paesi più performanti nel 2017, quattro appartengono all’area ASEAN. Questa associazione ha lo scopo di far conoscere agli imprenditori italiani i paesi che fanno parte di questa parte del mondo: un’economia di 630 milioni di persone. Penso fortemente che l’internazionalizzazione e lo sguardo ai mercati globali sia l’unica possibilità per fare dell’Italia un paese veramente competitivo. Una parte delle nostre imprese è riuscita a farlo, adesso c’è bisogno che questa mentalità si diffonda in tutto il tessuto produttivo italiano. Se riuscissimo ad allargare la platea di aziende con vocazione internazionale il nostro paese potrebbe diventare molto più competitivo e affrontare con più serenità le sfide del futuro. Questo l’obiettivo che mi sono prefissato di raggiungere con il mio impegno in questa iniziativa. Il prossimo anno si terrà in Vietnam un evento congiunto tra Italia-ASEAN e European House Ambrosetti in cui inviteremo tutte le imprese desiderose di conoscere questi nuovi mercati. Tutto ciò rappresenta per me motivo di grande orgoglio e un modo per cercare di restituire all’Italia tutto quello che mi ha dato.

Ecco dunque che la migliore risposta che posso offrire: il messaggio da lasciare agli imprenditori riuniti qui a Cernobbio sia quello di non aver paura di affrontare la sfida dell’internazionalizzazione!  A parer mio, quella è la strada per far tornare il nostro Paese competitivo e in grado di vincere le sfide che ci attenderanno nel prossimo futuro.

Di Alberto Di Minin in collaborazione con Nicola Del Sarto

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#FuoriCernobbio è stato realizzato grazie alla collaborazione di The European House Ambrosetti.
Ringrazio in particolare Rossana Bubbico, Fabiola Gnocchi e Paola Pedretti per il paziente affiancamento.

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