Ho recentemente avuto modo di dialogare con Mario Derba, Vice President Citrix per l’area Western and Southern Europe. Nel corso del nostro incontro abbiamo affrontato temi rilevanti per la sua azienda e per l’industria in cui opera, che ho rielaborato insieme a Giulio Ferrigno.
Mario Derba, mi puoi dare tre concetti chiave che possono rappresentare il passato, il presente, il futuro di Citrix?
Te ne do uno solo perché anche se sono arrivato soltanto da pochi mesi in azienda posso già dire che il feel rouge di Citrix è stato sempre quello di pensare al lavoro del futuro e aiutare i clienti a migliorare l’efficienza e la produttività delle loro persone. Citrix si è adattata alle rivoluzioni industriali che si sono susseguite in questi trent’anni: questo è il suo mantra, la sua missione. Oggi, il mondo dell’information technology sta diventando diverso con il concetto di cloud e con quello del multicloud. In questo contesto, la nostra missione è quella di collegare qualunque utente attraverso qualunque dispositivo a qualunque applicazione attraverso qualunque rete. Noi dobbiamo essere in grado di far sì che l’utente non sia rallentato dai problemi di interoperabilità esistenti nel momento in cui piattaforme ideate da un’azienda interagiscono con applicazioni o strumenti di altre aziende.
Osservatori distanti e distratti come me non metterebbero al centro della rivoluzione in corso il cloud, ma piuttosto l’intelligenza artificiale, la robotica. Come sta guardando queste dinamiche Citrix?
L’evoluzione della robotica, dei big data, le attività di machine learning sono esempi di applicazioni di cui noi stiamo fruendo. Senza dubbio l’Intelligenza Artificiale e la robotica caratterizzeranno molta della nostra vita futura e non solo in ambito professionale. Ma la tecnologia abilitante sarà senza dubbio il cloud grazie al quale, per esempio, abbiamo a disposizione analytics avanzati, che utilizziamo e mettiamo a disposizione dei nostri clienti per affinare il tiro delle nostre soluzioni. Che tu sia in ufficio, fuori a cena, in treno o all’estero, i nostri analytics capiscono dove ti trovi e dunque adattano la tua esperienza di accesso al tuo workspace virtuale, modificandone i parametri, le condizioni di sicurezza, regolando gli accessi a seconda della situazione in cui ti trovi.
Come vedi il futuro del tuo settore nel vecchio continente da cittadino italiano ed europeo, e dalla tua prospettiva di esponente di una delle principali multinazionali nel mondo del digitale? Nel 2000, la strategia di Lisbona aveva messo al centro la volontà di diventare un punto di riferimento per il mondo digitale. Oggi, invece, l’Europa sembra essere periferica, mercato sì importante ma dominato da player globali.
In Europa stiamo parlando molto: esistono degli ottimi whitepapers sulla rilevanza dei BigData e delle altre tecnologie di frontiera. Ciononostante, fatichiamo a passare all’azione. L’Europa e l’Italia hanno perso ormai parecchi treni e ci muoviamo in un contesto che definirei “antistorico”. È giusto dare la multa a Google se si sono trovate le evidenze di comportamenti che violano le normative antitrust, ma è illogico, è antistorico dare queste multe ora, 10 anni dopo che Google ha preso a sassate i principali bersagli e concorrenti.
Inoltre, ci piacerebbe poter fare più Open Innovation in Europa. Nessuno può farcela da solo: non in un momento in cui i driver tecnologici sono così sfidanti. Devono essere unite le forze per aiutare l’agenda digitale.
Mettere insieme le forze vuole anche dire decidere una strategia, decidere cosa fare e cosa non fare. Non possiamo decidere di fare tutto. Realisticamente qual è lo spazio che permetterà all’Europa di uscire da questa morsa tra Silicon Valley e Cina in cui è stretta?
Va aggredito il mondo del machine learning. Certe tecnologie sono già state superate, ma altri campi applicativi offrono verdi praterie. Big Data e machine learning vanno integrati: questa è una frontiera che stanno cavalcando in pochissimi. Noi, nel nostro piccolo, lo facciamo con gli analytics di cui vi ho detto. Senza dubbio Google, Amazon, e in parte Microsoft sono sul pezzo. Tanti ambiti relativi al voice assistant avranno impatti notevoli sull’industria che ancora non visualizziamo bene. C’è tanta innovazione a stelle e strisce, ma le aziende europee potrebbero agire in ottica di alleanza.
Io non sono tanto preoccupato di sviluppare gli standard di sicurezza, ma piuttosto diventa sempre più urgente imparare a sviluppare progetti in aree e con soggetti che mi rendono competitivo.
La digital transformation deve essere funzionale ad un percorso per lo sviluppo della competitività dei contesti operativi più disparati. Una volta inquadrata questa finalità, chiediamoci come portare dentro la governance della tecnologia e dei processi.
Usare ad esempio il concetto di digital trasformation nel settore pubblico vorrebbe dire risolvere molti dei nostri problemi da un punto di vista di efficienza della macchina pubblica e nel fare quello tu impari e governi certe tecnologie. Nel fare quello che facciamo oggi, cioè un bando dove tu metti certe specifiche, dove tu misuri con dei pesi che magari mirano a considerare aspetti economici superficiali, siamo sempre un passo indietro. Andrebbe fatto il passo in avanti che è chi sono i giocatori con i quali voglio giocare, e dai quali voglio apprendere per governare queste tecnologie. Voglio usare queste tecnologie per il mio bene e allo stesso tempo voglio svilupparmi delle competenze in casa. Che se vuoi, mutatis mutandis, è un pò l’approccio cinese. I cinesi hanno sempre voluto un determinato approccio: venite pure qua, create un nuovo mercato però mi lasciate un pò di intellectual property per me, le cose le faccio io perchè così le governo e le imparo.
L’Europa dovrebbe fare uno sforzo sistematico, di governance ed essere un po’ più cinese nell’esecuzione di tattiche e strategie. Fare delle strategie significa anche sapersi relazionare con un ambiente sempre più dinamico, volatile ed incerto. Quali sono le muse ispiratrici per il leader di Citrix per stare al passo con questo cambiamento?
Ne ho tante, ma non seguo qualche ricetta preconfezionata. Penso di aver sviluppato uno mio stile di leadership con le esperienze maturate in IBM, Microsoft, HP e Oracle. Credo molto nel concetto di adaptive leadership. Significa essere disposti a sbagliare per imparare, soprattutto dalle worst practices. Il compito del leader è quello di far abbracciare il cambiamento, apprezzare il cambiamento e portare in esecuzione il cambiamento. In tutte le aziende in cui sono stato ho sempre fatto questo, ma sempre in modo diverso. In Citrix stiamo scommettendo molto sul cloud e proviamo ad abbracciare il cambiamento del mondo del lavoro, un mondo in cui i millennials possono lavorare in qualunque punto si trovano, in qualunque circostanza in cui si trovano, e tutto questo in modo contestualizzato quindi con la capacità e gli strumenti di interpretare dove sei e cosa fai per aiutarti a lavorare al sicuro.
Di Alberto Di Minin e Giulio Ferrigno