Lunedì 17 febbraio alla Scuola Superiore Sant’Anna all’interno del corso China Issues interviene sul sistema giuridico cinese Renzo Cavalieri, Professore di Diritto dell’Asia Orientale presso l’Università Ca’ Foscari Venezia.
Su cosa si base il sistema legale cinese?
Il sistema giuridico cinese contemporaneo è il frutto di una stratificazione di modelli. Appartiene alla (ormai altrove estinta) famiglia dei sistemi socialisti di stampo sovietico, ma ha anche una importante radice romano-germanica, derivante dall’esperienza della repubblica nazionalista degli anni trenta del Novecento e condivisa con Giappone e Corea, e in diversi settori ha anche attinto dal common law americano o a quello di Hong Kong. Nella pratica del diritto sono anche tuttora percepibili elementi tradizionali, operanti in particolare sui formanti meno formalizzati del sistema e spesso mediante norme e sanzioni metagiuridiche.
Che influenza hanno avuto le riforme economiche sul sistema legale?
Il sistema giuridico riflette la natura per certi versi contraddittoria del socialismo di mercato cinese. Da un lato, negli ultimi trent’anni è stato costruito un sistema di regole sofisticato e moderno, con il quale sono stati garantiti diritti sempre più ampi, soprattutto, ma non solo, in materia economica. Dall’altro però non sono mai stati messi in dubbio due principi fondamentali della concezione leninista dello stato: quello del ruolo guida del partito comunista e quello dell’unità o indivisione dei poteri, che comportano tra le altre cose entrambi la subordinazione della magistratura al potere politico.
Quali azioni ha intrapreso Xi Jinping in questo ambito?
La parola chiave con cui si può definire la più recente evoluzione del diritto cinese è controllo. Xi ha legittimato il suo crescente potere con una serie di campagne contro la corruzione e ha orientato tutte le sue scelte politiche e legislative sull’esigenza di pianificazione e controllo della società: la centralizzazione dei poteri avvenuta negli ultimi anni, la creazione di nuove commissioni di supervisione, l’uso massiccio e spregiudicato di strumenti tecnologici come l’intelligenza artificiale, la compressione della libertà di espressione e di critica e la repressione degli uiguri in Xinjiang sono tutti esempi di questa aspirazione al controllo totale. Per quanto la disciplina giuridica generale dell’economia e dell’impresa non siano radicalmente cambiate, l’irrigidimento del controllo pubblico in atto sta avendo anche importanti effetti in ambito economico.
Che importanza ha il nuovo Codice civile e quali possibili riforme possiamo aspettarci per il futuro?
Si tratta di un atto normativo di enorme importanza sistematica, del punto di arrivo di un’evoluzione quasi secolare. La Cina pre-maoista possedeva infatti un codice civile, emanato tra il 1929 e il 1930 (e ancora vigente a Taiwan), ma la Repubblica Popolare Cinese non era mai riuscita a produrne uno. Con il codice la Cina riafferma con forza la sua appartenenza alla famiglia romano-germanica e la sua permeabilità ai modelli giapponese, coreano e taiwanese e stabilizza trent’anni di riforme legislative. Le novità introdotte dal codice sono molte ma non sostanziali e l’assetto del sistema non viene modificato: si tratta infatti di un testo che, più che innovare, raccoglie e sistematizza alcune grandi leggi già esistenti in materia civilistica, sul matrimonio, la filiazione, le successioni, i contratti, la proprietà ecc.