Tra i finalisti del Frontiers Planet Prize c’è Giovanni Forzieri

Vi sarete accorti – da lettrici e lettori attenti quali siete – che su queste pagine la divulgazione di storie e risultati di innovazione è via via sempre più legata alle urgenti questioni ambientali e in particolare alla biodiversità. Ci rende quindi molto felici dare visibilità al riconoscimento ottenuto da Giovanni Forzieri, professore all’Università di Firenze nel Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, nell’ambito del Frontiers Planet Prize.

Il premio – per il quale il lavoro di Forzieri è stato selezionato, arrivando in finale come National Champion – è stato istituito nel 2022 dalla Frontiers Research Foundation allo scopo sostenere la ricerca ad alto potenziale trasformativo nel campo della crisi ecologica. I ricercatori partecipano al premio sottoponendo il loro lavoro alle rispettive istituzioni nazionali che accettano di agire come National Nominating Body (NNB). Tra le istituzioni italiane sono presenti il CNR ISAC, le Università Milano-Bicocca, Bologna, Firenze, Roma tre, l’ENEA e molte altre. L’NNB propone i tre candidati all’accademia nazionale delle scienze del paese, che funge da National Representative Body (NRB) e che nel caso dell’Italia è l’ITATEC. Le candidature selezionate variano di anno in anno, sia per numero che categoria: quest’anno sono diciannove e sono in procinto di partecipare alla fase finale di selezione, in corso nel mese di giugno. Al termine di questa fase, i tre vincitori riceveranno un premio da un milione di dollari statunitensi rivolto alle loro ricerche: lavori che offrono soluzioni rivoluzionarie e scalabili, con il massimo potenziale per aiutare l’umanità a rimanere entro i confini planetari.

Quest’anno, le soluzioni proposte dai ricercatori selezionati sono state suddivise in quattro tematiche: la mitigazione del cambiamento climatico e il sequestro di carbonio, la salute di comunità e la giustizia ambientale, i sistemi idrici e la resilienza planetaria, per finire con le Nature-based solutions e il restauro di ecosistemi, ossia tutte quelle soluzioni mirate alla ricostituzione degli ecosistemi alle quali si può arrivare osservando o addirittura ripetendo ciò che fa la natura.

Su quest’ultimo aspetto si concentra il paper di Forzieri, intitolato “Ecosystem heterogeneity is key to limiting the increasing climate-driven risks to European forests”. Limitandoci a una spiegazione superficiale, la soluzione proposta da Forzieri per proteggere le foreste europee dai rischi dovuti al clima è quella di favorire la loro diversificazione, sia a livello di composizione che di struttura. Ciò che rende particolarmente innovativo il suo lavoro consiste nell’aver operato un’analisi su scala continentale e di aver realizzato l’ulteriore passaggio di focalizzarsi sulle strategie per aumentare la resilienza delle foreste invece che analizzare i fattori che ne determinano la perdita.

Ma come si traduce l’analisi di Forzieri a livello pratico? Essa fornisce uno strumento utile alla progettazione delle politiche europee di mitigazione, che fino ad ora sono partite da un assunto: le foreste assorbono anidride carbonica in modo stabile. Attraverso il suo studio, Forzieri ha dimostrato che questa funzione delle foreste non è affatto stabile, proponendo inoltre soluzioni per intervenire in questo senso e migliorare la resilienza ecosistemica. Un esempio di come la ricerca scientifica possa offrire soluzioni concrete a problemi globali, sebbene non sempre i ricercatori che arrivano a tali risultati ricevano il giusto riconoscimento al livello nazionale.

Il profilo di Forzieri è quello di un ricercatore ibrido e moderno, a cavallo tra l’accademia e le istituzioni europee: dopo aver conseguito il dottorato a Firenze, e aver trascorso un anno in New Mexico, Forzieri ha lavorato per dieci anni alla Comunità Europea, in un ambiente che definisce molto stimolante e dove i risultati della ricerca venivano direttamente tradotti in politiche attuative. Da tempo è rientrato in Italia ed è oggi professore all’Università di Firenze. La sua forte vocazione a trasformare ricerca scientifica in policy è senza dubbio una caratteristica strategica per le istituzioni con le quali si trova a lavorare: a lui va il nostro in bocca al lupo per la selezione finale del Frontiers Planet Prize e la promessa a voi lettrici e lettori di aggiornarvi sugli sviluppi futuri.

Di Alberto Di Minin e Norma Rosso