Open Innovation, proprietà intellettuale e trasferimento tecnologico sono stati i temi al centro di un’intensa giornata di lavoro presso il Politecnico di Torino. La quinta edizione del Technology Transfer Think Tank, appuntamento annuale organizzato dallo studio Jacobacci & Partners, ha visto la presenza di tanti protagonisti dell’ecosistema italiano dell’innovazione: PMI, grandi aziende, consulenti e università.
Vi proponiamo qui alcuni spunti, storie interessanti e riflessioni di cornice della mattinata di venerdì 12 ottobre, brillantemente moderata da Cristiano Seganfreddo, Fondatore e Direttore del Progetto Marzotto. Dopo i saluti di Enrica Acuto Jacobacci, e dei padroni di casa del Politecnico di Torino, il professor Riccardo Varaldo (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Fondazione Ricerca & Imprenditorialità) ha inquadrato con decisione la questione: “in un paese di forti individualismi, il trasferimento tecnologico ha un solo obiettivo: superare la catena di dissociazioni endemica del nostro Paese!“. Il Prof ci ha lasciati con un interrogativo: nel valutare la performance dell’università e dei centri di ricerca stiamo considerando le giuste dimensioni del trasferimento tecnologico e dunque di un’imprenditorialità basata su scienza e tecnologia, oppure ci stiamo focalizzando troppo sulle attività di ricerca curiosity-driven?
I casi che sono stati presentati hanno fornito l’idea di un sistema di trasferimento tecnologico particolarmente attivo e imprenditoriale: mosche bianche? Senza dubbio storie interessanti di Open Innovation, che è bene narrare. Tre sono le situazioni che ci hanno particolarmente colpito. La prima è quella presentata da Paolo Calefati, innovation manager di Prima Industrie. Uno dei segreti del successo di Prima Industrie è stato quello di aver avviato delle importanti collaborazioni con il Politecnico di Torino, i cui studenti e ricercatori sono stati ingaggiati tramite percorsi di stage e progetti congiunti, in un settore come l’additive manufacturing che oggi necessita un costante upgrade tecnologico.
Un’altra testimonianza interessante è stata quella di Ennio Chiatante, Head of Digital Transformation Projects di Comau. Ennio ha riportato due esempi di come Comau fa open innovation:
1) open innovation educativa tramite e.DO, risultato di un enorme sforzo organizzativo, visto che l’azienda si è dovuta attrezzare per ragionare al suo interno come una start-up;
2) open innovation per la commercializzazione di un esoscheletro esterno sviluppato da IUVO, società attiva nel campo delle tecnologie indossabili nonché spin-off della Scuola Sant’Anna, poi investita da Comau.
Infine, Jody Saglia, Co-Founder di Movendo Technology, spinoff dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, che sta rivoluzionando il mondo della riabilitazione e dell’assistenza agli anziani attraverso progetti di innovazione aperta nell’ambito della robotica.
È un peccato fermarsi qua, perché la mattinata è stata veramente ricca di testimonianze speciali: Paolo Picone, Direttore Responsabile di PRIMAPRESS – Agenzia Stampa Nazionale; Paolo Traso, CEO di Tierra Telematics; Paolo Colombo, Aerospace & Defense Global Industry Director di ANSYS; Romano Borchiellini, Presidente dell’Advisory Board dell’Energy Center.
Quale il ruolo delle istituzioni? A discutere dello sforzo del MISE di creare piattaforme Industria 4.0 è intervenuto il Direttore Generale Stefano Firpo. Abbiamo anche apprezzato l’intervento di Francesco Morgia che ha spiegato come l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi abbia tracciato un percorso insieme agli uffici di trasferimento tecnologico e all’associazione nazionale che li riunisce (Netval), finalizzato a formare nuove figure professionali. Giovani esperti, provenienti dall’industria e dalla ricerca sono entrati nello staff dei diversi uffici di trasferimento tecnologico per poi proseguire la loro esperienza in studi professionali, aziende o università. Investire sulle persone è fondamentale per i processi di collaborazione tra università e industria: lo abbiamo sottolineato anche noi nel nostro intervento, lo testimonia il fatto che l’Aula Magna del Politecnico che ha ospitato l’evento sia dedicata a Giovanni Agnelli.
Il nostro intervento, intitolato “open but controlled: strategie di innovazione aperta per le PMI” ha chiuso i lavori della mattinata. Il messaggio che abbiamo portato è stato il seguente: l’Open Innovation si deve giocare sull’ossimoro tra apertura e controllo. L’apertura dell’innovazione va associata al controllo della proprietà intellettuale. Comprare start-up, sviluppare progetti in crowdsourcing o partnership industriali ambiziose sono elementi di una strategia di innovazione aperta, ma per assicurarsi un buon ritorno sull’investimento fatto ci vuole dell’altro. Bisogna imparare ad appropriarsi dei risultati dell’innovazione, sviluppando quello che abbiamo chiamato Appropriation Advantage: la capacità di ingaggiare le giuste professionalità, di sviluppare gli adeguati strumenti di proprietà intellettuale, i modelli di business adeguati e i processi per portare sul mercato il valore sviluppato internamente e insieme ai nostri partner.
Di Alberto Di Minin e Giulio Ferrigno
_________________________________
Se volete ricevere una notifica sulle future uscite di #Fuoriclasse: mandate un’email a
adm.public.relations-on@santannapisa.it