L’ospite di venerdì 18 marzo della V edizione del corso China Issues della Scuola Superiore Sant’Anna è Federico Pasini, esperto di politiche ambientali in Cina. Nel suo intervento si occuperà della governance ambientale cinese con un focus su alcuni progetti di sviluppo.
Quali sono le principali strategie in campo ambientale della Cina?
A 40 anni di distanza dall’apertura cinese al mercato – che ha cambiato la Cina prima e il mondo poi – la Cina ha avviato un percorso quarantennale per l’ottenimento della cosiddetta ‘carbon neutrality’. Nel corso dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del settembre 2020, il Presidente Xi Jinping ha infatti annunciato due obiettivi fondamentali: l’impegno a raggiungere il picco delle emissioni di CO2 entro il 2030 e quello di conseguire la neutralità delle emissioni nette di carbonio entro il 2060. Il settore energetico è responsabile di circa il 90% delle emissioni di gas serra della Cina; saranno pertanto le politiche energetiche (rafforzamento dell’efficienza energetica, consolidamento delle energie rinnovabili e riduzione dell’uso del carbone – in primis da parte dell’industria) a guidare la transizione verso l’obiettivo finale.
Quanto sono credibili i piani cinesi di lotta al cambiamento climatico?
Con circa 1/3 delle emissioni di CO2 a livello globale, la Cina è il più grande emettitore di gas serra al mondo. Il carbone rimane la sua principale fonte energetica e la dipendenza da settori difficili da abbattere (ad esempio le produzioni ad alta intensità energetica di ferro, acciaio, alluminio, cemento e plastica) è significativamente superiore alla media globale. Detto ciò, la Cina è anche il più grande investitore nonché il leader mondiale nel campo delle energie rinnovabili, ed ha forti capacità tecnologiche; le sue catene del valore industriali supportano già le principali industrie eoliche, solari, nucleari e di stoccaggio dell’elettricità; ha una capacità senza precedenti di sviluppare nuove infrastrutture e sistemi industriali, ed ha fortemente ampliato le sue capacità di innovazione grazie al raddoppio – dal 2010 ad oggi – della spesa in ricerca e sviluppo. Sebbene le sfide siano enormi, la Cina può quindi contare su risorse eccezionali per affrontarle. Una cosa è certa: il ritmo della riduzione delle emissioni in Cina nei prossimi decenni sarà chiave per determinare se il mondo riuscirà a limitare il surriscaldamento globale entro 1.5 °C.
Quali sono gli ambiti di maggiore cooperazione fra Italia e Cina in ambito ambientale?
Nel corso degli ultimi due decenni, Italia e Cina hanno dato vita ad una stretta collaborazione in campo ambientale, che ha consentito la realizzazione di progetti comuni nell’ambito del Protocollo di Montreal sulla riduzione delle sostanze pericolose per lo strato di ozono, del Piano di attuazione del summit di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile, e della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici. A seguito della ratifica dell’Accordo di Parigi nel 2016, Italia e Cina hanno poi avviato un dialogo per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni e per favorire una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo sostenibile.
Di Alberto Di Minin e Filippo Fasulo