Máire Geoghegan-Quinn. 63 anni, irlandese.
È dal febbraio 2010 il Commissario europeo per la Ricerca, Scienza e Innovazione.
Sarà ricordata per aver dato il via ad Horizon2020 il più grande programma per la ricerca e innovazione mai messo in campo dalla Commissione.
80 miliardi di euro, per l’ottavo programma quadro dell’Unione, che per la prima volta esorta aziende e mondo della ricerca a trovare nuove leve per il vantaggio competitivo partendo da scienza e tecnologia.
Le ho parlato in vista del suo arrivo a Roma, lunedì 7 aprile, per il lancio ufficiale di H2020.
Commissario, lei è un “fuoriclasse” tra i Public Servant !
È veramente un piacere inaugurare con lei il mio nuovo blog su Nova, dedicato al racconto di persone eccezionali, che con il loro lavoro hanno contribuito al progresso della nostra società.
Quale l’incarico che l’ha più appassionata in questi anni?
“Sono stata fortunata ad avere avuto una carriera molto varia, tanto in Irlanda quanto a livello europeo. I ruoli ministeriali e la mia posizione alla Corte dei Conti Europea e nella Commissione Europea sono stati tutti stimolanti ed interessanti. Ad ogni modo, guardo anche agli inizi della mia carriera ed al periodo in cui ero insegnante.
L’istruzione è cruciale per la nostra società e per la nostra economia. Parlo molto della necessità di maggiori investimenti nella ricerca e nell’innovazione, ma senza una buona istruzione, a partire dal livello primario, non coltiveremo il talento di cui abbiamo bisogno. L’ho notato ancora recentemente, incontrando alla Innovation Convention giovani imprenditori di 14 anni.
Hanno detto che il sistema di istruzione, al momento, non dà loro abbastanza spazio per esplorare le loro idee creative ed innovative. Questo è qualcosa su cui dovremmo lavorare.
Mi parli del suo ruolo come Commissario. Durante il discorso di conferma nel 2010 ha affermato: “il mio ruolo sarà quello di portare la ricerca, l’innovazione e la scienza al centro della politica europea”.
È soddisfatta di ciò che è stata in grado di ottenere in questi anni?
“È stato un privilegio lavorare come Commissario europeo. È un ruolo politico unico e sono stata membro della Commissione in un momento determinante per l’UE. Penso che, se non altro, la crisi economica e finanziaria abbia reso più semplice focalizzare l’attenzione su ricerca ed innovazione.
È opinione comune che la conoscenza sarà la chiave della ripresa europea e lo abbiamo visto chiaramente quando gli Stati membri ed il Parlamento Europeo hanno approvato l’incremento del 30% del budget UE per la ricerca, quando il budget complessivo stava subendo dei tagli.
Ricerca ed innovazione sono ora anche al centro di tutto ciò che stiamo facendo in merito alla politica industriale, la Blue Growth, l’agenda digitale e molto altro.”
…Mai nella storia del Continente era stato messo in campo un programma per la ricerca così ambizioso.
“Horizon 2020 è un programma totalmente nuovo per l’Europa, creato per giungere a risultati che facciano la differenza sulla vita delle persone.
Vuole dare una spinta all’economia europea grazie all’innovazione che crea nuovi e migliori posti di lavoro. Esso aiuterà anche a migliorare la nostra qualità di vita, affrontando sfide quali una migliore assistenza sanitaria, trasporti più puliti e sicurezza energetica.
È un’agenda molto ambiziosa e sono lieta ed orgogliosa che siamo riusciti ad approvarla.”
Come si è arrivati ad H2020?
“Quando sono diventata Commissario, ho cercato di incontrare quanti più ricercatori ed imprenditori possibile. Volevo ascoltare coloro che fanno ricerca finanziata con fondi UE e coloro che da questa ricerca traggono benefici e subito mi è stato chiaro che era necessario fare soprattutto due cose: la prima era un programma più orientato sui risultati che finanziasse tutte le fasi del ciclo dell’innovazione, dalla ricerca blue-sky fino al mercato; la seconda era tagliare radicalmente la burocrazia.”
Un cammino molto impegnativo, immagino.
“Difficilmente la legislazione dell’UE risulta lineare. Ci sono state alcune discussioni difficili. Ricordo bene l’incontro dei Ministri della ricerca sotto la Presidenza cipriota durante la quale gli Stati membri hanno trovato l’accordo sul programma. Si è prolungato per tutta la sera e si sono presentati vari rischi di rottura prima di raggiungere dei risultati sulla semplificazione dei tassi di rimborso. Nonostante esistessero tra noi delle discordanze, era chiaro sin dal principio che tutti volevamo un programma di ricerca ed innovazione adatto al XXI secolo.”
H2020 è un programma ambizioso ma l’Europa dovrebbe, forse, fare di più? Coordinamento tra i programmi, un maggiore impegno anche in termini di budget da parte degli Stati Membri?
“All’interno della Commissione stiamo assumendo un approccio più collaborativo, ad esempio assicurandoci che Horizon 2020 ed i Fondi strutturali e di investimento lavorino insieme.
Si tratta di uno dei programmi di ricerca finanziata con denaro pubblico più vasti al mondo, ed il più ambizioso in termini di portata ed obiettivi.
Credo che impareremo molto dal funzionamento di Horizon 2020. Sono certa che sarà un grande successo, ma possiamo sempre fare di più e fare meglio.”
Le Piccole e Medie imprese operanti nei settori tradizionali ed in quelli high-tech sono al centro dell’economia dell’UE. All’inizio del suo mandato ha posto l’enfasi sul suo desiderio che Horizon 2020 desse avvio ad un programma quadro più SME-friendly. Pensa di aver avuto successo?
“Si, assolutamente: ci si attende che le PMI ottengano da Horizon 2020 un minimo di circa 9 miliardi di euro. Se si guarda ad innovazioni quali il nostro SME Instrument o il Fast Track to Innovation, così come agli strumenti finanziari disponibili per sbloccare il finanziamento privato, Horizon 2020 rappresenta un cambiamento rispetto ai programmi precedenti. Ci saranno opportunità anche per le start-up, che trarranno beneficio anche da altre importanti iniziative, come ad esempio il passaporto del venture capital o il brevetto unitario.”
In autunno si insedierà una nuova Commissione. Quali le sfide dovrà affrontare il suo successore?
“Ogni nuova Commissione affronta delle sfide, alcune di queste sono nuove ed altre, invece, ben note. Credo che la cosa più importante da fare in qualità di Commissario per Ricerca, Innovazione e Scienza è assicurarsi di ascoltare la comunità della ricerca, i colleghi del processo legislativo ed il pubblico su cui influisce ciò che facciamo.”
Il 7 aprile sarà a Roma, proprio per il lancio di H2020. Secondo lei quale potrà essere il ruolo dell’Italia, e della Presidenza italiana dell’Unione nell’essere “ponte” tra le due Commissioni?”
“Come ha detto, la Presidenza italiana inizia in un momento importante per l’UE. L’Italia possiede tutta l’esperienza richiesta in materia di questioni europee per affrontare questa transizione. Nel mio campo, non vedo l’ora di lavorare con Stefania Giannini ora e durante la Presidenza italiana. Mentre inizia Horizon 2020, sarà importante mantenere sulla giusta rotta la European Research Area (ERA) e farla progredire.”
Infatti, ERA: il cui sviluppo le sta molto a cuore. È ragionevole ritenere che entro la fine del 2014 avremo un’area di ricerca paneuropea? La moral suasion è ancora la via migliore da percorrere o l’UE dovrebbe implementare delle misure più convincenti/vincolanti per coinvolgere gli Stati membri?
“Se da un lato si parla molto del finanziamento alla ricerca, è anche importante non dimenticare che abbiamo bisogno di riformare i nostri sistemi di ricerca. A livello europeo, ciò significa far progredire ERA. Lo ERA Progress Report, da noi recentemente pubblicato, mostra che c’è ancora molto lavoro da fare.
Non possiamo restare in una situazione in cui il finanziamento alla ricerca non viene allocato in maniera competitiva, in cui le carriere non si sviluppano secondo criteri meritocratici, in cui i ricercatori raramente riescono ad ottenere i loro finanziamenti a fondo perduto o ad avere accesso ai programmi di ricerca oltre confine, in cui persiste una grave disparità di genere ed in cui ampie regioni europee non entrano neppure in gioco.
I progressi sono lenti ed io terrò sotto controllo questa situazione per l’ERA Progress Report del prossimo autunno.
Tutto ciò però va al di là del mandato di questa Commissione – sarà compito del mio successore decidere se portare avanti queste tematiche.”
Il quadro che lei tratteggia a livello europeo ben si riflette in Italia, dove si investe in R&S poco più dell’1% del PIL e dove siamo ancora lontani dall’avere un sistema della ricerca efficace. Come fare per rendere lo sviluppo di scienza e tecnologia una priorità per lo sviluppo?
“Di certo l’Italia può fare di più, specie nel settore privato nel quale la spesa in R&S è di molto inferiore rispetto alla media europea. Ad ogni modo, ciò è vero anche per molti altri Stati membri dell’Unione, perciò abbiamo bisogno di fare di più in tutta Europa.
Per quel che concerne la percezione nei confronti della scienza, un recente sondaggio dell’Eurobarometer ha rilevato che più del 70% degli italiani crede che scienza e tecnologia abbiano un impatto positivo sulla società.
Credo che parte della risposta alla sua domanda sia che dobbiamo onorare di più la scienza e coloro che la praticano, specie per mezzo dei principali mezzi di comunicazione.”
I due precedenti governi italiani hanno tentato di allineare la programmazione nazionale in R&S con i programmi e le strategie europei. L’idea, che si è mostrata persistente al susseguirsi dei diversi ministri, è che il sistema italiano della ricerca dovrebbe essere caratterizzato da una serie di incentivi che spingano i ricercatori ad adeguarsi meglio agli standard europei. È un approccio che lei raccomanderebbe di seguire? Gli altri Stati membri stanno agendo in direzioni simili a questa?
“La nostra raccomandazione primaria agli Stati membri è che presentino una strategia di ‘smart specialization’, specie per quei Paesi e Regioni che possono accedere ai Fondi strutturali ed ai Fondi di investimento europei.
L’idea è che essi si concentrino ed investano sull’innovazione in settori in cui hanno un vantaggio competitivo e si portino in linea ai programmi europei giusti per loro. Ciò che non vogliamo è un’inutile duplicazione della ricerca – è per questo che pensiamo sia utile cooperare ed allineare sempre più le agende in materia di ricerca. Ad ogni modo, si tratta di una strada a doppio senso. Gli Stati membri hanno una voce molto forte nella configurazione dell’agenda della ricerca europea.”
Ma dunque, ritornando al discorso della centralità della scienza e degli scienziati nella società, ritiene che essi debbano avere un ruolo più diretto nel processo di policy-making?
“I responsabili della politica a livello nazionale ed europeo dovrebbero sempre disporre delle migliori informazioni disponibili. I consulenti scientifici possono giocare un ruolo molto importante nell’assicurarsi che ciò avvenga ed Anne Glover, come Consigliere del Presidente Barroso, ha lavorato duramente per dare la giusta forma al ruolo di Chief Scientific Adviser del Presidente della Commissione.”
Commissario: ecco la bacchetta magica, dopo questi anni a Bruxelles, cosa vorrebbe cambiare?
“Ho sempre detto che abbiamo bisogno di tagliare la burocrazia a Bruxelles ed anche altrove in Europa. La burocrazia non solo rende la vita difficile ai nostri cittadini ed ai nostri imprenditori, ma rende anche complesso il processo di policy-making.
Credo che siamo sul binario giusto, ad esempio con Horizon 2020, nonostante ci sia ancora lavoro da fare.”