La settimana scorsa è stata caratterizzata da due notizie molto importanti per l’High Tech pisano. Due notizie che ben raccontano la città in cui vivo.
La prima è stata la clamorosa acquisizione da parte dell’americana Intel di Yogitech, azienda di San Giuliano Terme specializzata nell’applicazione dell’Internet of Things al mondo dell’automotive. Il colosso californiano non è solo leader mondiale dei semiconduttori, ma è anche attivissimo sul fronte delle acquisizioni tecnologiche ed è inoltre la principale azienda al mondo per le operazioni di corporate venturing. Non mi risultano altre acquisizioni Intel in Italia: Yogitech potrebbe essere la prima ad aver trovato una exit tramite l’azienda di Santa Clara. Sul fronte del corporate venturing, si calcola che la controllata Intel Capital abbia negli anni concluso più di 1000 operazioni, accumulando investimenti in più di 100 aziende all’anno. 300 circa le aziende ad oggi nel portafoglio di Intel Capital, solo una italiana, la milanese Media Lario International investita nel 2003. Poi è arrivata Yogitech!
La seconda notizia è stata l’importante riconoscimento ottenuto dalla Scuola Superiore Sant’Anna, entrata al 10 posto nella classifica mondiale delle università fondate negli ultimi cinquant’anni stilato dalla rivista inglese Times Higher Education. Anche in questo caso è una prima volta per l’Italia. Nessun ateneo del nostro paese era arrivato così in alto in questa classifica. Per trovare un’altra università italiana bisogna scendere al 51 posto (Bicocca di Milano). Io che al Sant’Anna ci lavoro da qualche anno sono orgoglioso di questo piazzamento. So benissimo che si tratta del risultato dell’impegno di persone che negli ultimi trent’anni hanno dato vita ad una istituzione unica nel nostro paese. In questi decenni la Scuola è sempre stata molto attenta all’impatto delle sue attività sul contesto in cui operava, sia all’interno della comunità scientifica che nei confronti di territorio e contesto socio-produttivo. I punteggi attribuiti da Times testimoniano questa predisposizione della Scuola: spiccano infatti i valori relativi alle citazioni delle pubblicazioni dei docenti del Sant’Anna e ai finanziamenti privati. La capacità cioè di generare una ricerca con un impatto, scientifico ma anche industriale.
A ben vedere, queste due notizie qualche punto di contatto ce l’hanno. Il primo collegamento è più che altro una curiosità che mi riguarda. Il corso che tengo al Sant’Anna insieme al Prof Andrea Piccaluga, “High Tech Business Venturing”, pensato per tutti i dottorandi della Scuola che vogliono approfondire le tematiche del management dell’innovazione, ha ricevuto negli anni una generosa sponsorizzazione di Intel Europa. Inoltre, quest’anno, Andrea ed io abbiamo condotto il corso insieme ad Alvise Bonivento, uno dei mananger di Atlante Ventures, il fondo di VC del gruppo Intesa SanPaolo che nel 2011 aveva investito in Yogitech. Anche Silvano Motto, fondatore di Yogitech è stato nostro testimonial in aula poche settimane prima dell’acquisizione. Silvano ci ha raccontato come dagli studi di ingegneria elettronica presso l’Università di Pisa, passando per un finanziamento della Camera di Commercio, certificazioni e partnership internazionali, è arrivato allo sviluppo della tecnologia è alla definizione del suo modello di business.
Altro collegamento, ben più rilevante, è che entrambe queste notizie dimostrano la vitalità del comparto dell’High Tech pisano. Pisa è insieme a Trieste l’unica provincia italiana in cui l’investimento in Ricerca e Sviluppo supera il target del 3% del PIL. Scienza e tecnologia possono essere un driver fenomenale per lo sviluppo di Pisa, tanto che l’Onorevole Maria Chiara Carrozza (che del Sant’Anna è stata Rettore) ha invitato la leadership cittadina a farsi suggestionare dall’idea: “Pisa come Cambridge” . L’ambizione cioè di rendere Pisa una realtà in grado di fondare il proprio sviluppo sullo sfruttamento e valorizzazione dei talenti e della ricerca. È evidente che di strada da fare per arrivare a questo risultato ce n’è tanta.
Molto valore si crea a livello locale quando le diverse comunità che insistono su Pisa si incontrano e si confrontano. Troppo distanti invece i microcosmi che si sovrappongono in città: studenti, turisti, immigranti, aziende tradizionali e HT, dipendenti pubblici, l’ospedale, le università, il CNR, l’aeroporto… tante le sinergie possibili che non si realizzano. Una nuova idea per la città potrebbe mettere al centro la convergenza tra queste vite parallele; facilitarla tramite investimenti pubblici e privati su infrastrutture e servizi che qualificano la vita in città. Una lunga tradizione di urbanisti (da Sir Peter Hall a Richard Florida) ha messo in luce la centralità che una buona pianificazione degli spazi e dell’immagine dei luoghi può giocare sullo sviluppo locale.
La città (prima e oltre la smart city…) come fulcro dell’ecosistema innovazione sarà il tema di due conferenze che seguirò molto da vicino: il Technology Forum di Ambrosetti e l’Open Innovation 2.0 della Commissione Europea.
Secondo aspetto da continuare a monitorare sono i collegamenti con altre realtà vicine e lontane. Una città della ricerca come Pisa può essere il punto di partenza, o un punto di passaggio, in un’economia basata sullo sviluppo del talento. Per crescere però è necessario guardare lontano, gettare i ponti verso istituzioni e territori che possono affiancare la fase di scale-up. Senza questo appoggio, idee grandi rimarranno realtà piccole: non diventeranno mai Yogitech. Questa era anche l’intuizione di Research in Italy, concetto che ho coniato insieme al Prof. Riccardo Varaldo, che dello sviluppo del Sant’Anna è stato uno dei principali protagonisti. Research in Italy è poi diventata la base di partenza della Fondazione Ricerca e Imprenditorialità che a maggio premierà a Napoli le più grandi storie di successo imprenditoriale, che partendo dal mondo accademico sono riuscite ad attrarre l’attenzione di aziende strutturate, private equity e partner internazionali.
Non riesco a immaginarmi Pisa tra trent’anni. Mi piacerebbe immaginarla come Cambridge. Mi piacerebbe vivere in una città stimolante e cosmopolita, dove la qualità della vita è alta e diffusa e dove i ricercatori hanno saputo conquistarsi meritatamente nella mente dei Pisani un ruolo di traino del progresso e del benessere. Si potrebbe scrivere di un volano di sviluppo impareggiabile se ancora più aziende nate dalle tecnologie pisane si radicassero sul territorio e crescessero attraendo investimenti e talento. Non è una strada semplice da percorrere e sarebbe una lunga maratona. Pisa però ha, per competenze e tradizione, il fiato giusto per provarci. Molto più di altre città italiane. Per posizionarci al meglio bisognerebbe essere più consapevoli delle enormi possibilità che esistono quando si creano i giusti collegamenti, locali e globali. Scrive Manuel Castells che nella network economy i contenuti non sono rilevanti se non interconnessi tra di loro.
Pisa è la città dove 30 anni fa il gruppo del Professor Luciano Lenzini e altri pionieri dell’ICT, in un cluster di competenze oggi distribuito tra CNR, Università, Normale e Sant’Anna, realizzarono il primo nodo italiano di quello che poi sarebbe diventato Internet. Proprio Pisa dovrebbe dunque avere ben presente l’importanza delle reti.