Dal 7 ottobre 2023 esiste qualcosa che prima non c’era. A Ginevra è stato inaugurato il Cern Science Gateway, uno spazio di divulgazione scientifica e culturale, progettato dal Renzo Piano Building Workshop, che sarebbe riduttivo chiamare museo. Il Cern di Ginevra, ossia l’artefice di questo progetto, non ha bisogno di presentazioni, ma senza dubbio merita di essere raccontata la sua rinnovata spinta alla divulgazione e al dialogo con la comunità. Una spinta fortemente voluta Fabiola Gianotti, attuale direttrice del centro di ricerca. Durante lo scorso anno Fuoriclasse ha seguito l’evoluzione del progetto, intervistando i principali protagonisti che lo hanno riguardato.
«Eravamo su un taxi, a Mosca», ci ha raccontato Charlotte Lindberg Warakaulle, direttrice delle relazioni internazionali del Cern, «e insieme alla direttrice riflettevamo sulla volontà di fare qualcosa di nuovo. Era il novembre del 2016, all’epoca avevamo questa idea del Cern Campus, ma volevamo portarla a un altro livello: rimodellarla, concentrarci sull’educazione». Durante quel trasferimento in taxi è iniziata a germogliare l’idea del Cern Science Gateway. Ma da dove arriva questo nome, gateway? Come ci ha raccontato Patrick Geeraert, project manager di CSG, è stato frutto di un brainstorming – fatto in francese – insieme alla direttrice Gianotti. Dopo le parole entrée e pont, si è presto arrivati a portail e alla sua traduzione in gateway.
Un termine perfetto per indicare il concetto di «qualcosa che apre a qualcos’altro. Non un punto di arrivo, ma la stazione dalla quale partire verso l’esplorazione: uno spazio che apre il Cern al mondo, la scienza alla società, e che permette di condividere quello che facciamo». Il nome gateway ha quindi convinto, sia per la precisione semantica, che per la sua eco fantascientifica. (E non è un caso se nell’arco di pochi mesi sono nati altri portails in giro per Ginevra: quelli delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione mondiale della sanità).
Come abbiamo detto, si trattava di un’esigenza di apertura verso la comunità, in un’ottica di terza missione e restituzione verso un pubblico non specializzato. Per rispondere a questo bisogno, il centro è dovuto uscire dal suo abituale bacino di finanziamento pubblico, rivolgendosi questa volta ai privati. Tra questi, va segnalato l’impegno economico arrivato da Fondazione Stellantis, la no-profit legata alla holding multinazionale olandese nata nel 2021 dalla fusione dei gruppi PSA e Fiat Chrysler Automobiles e maggiore parnter finanziario del progetto, e Fondazione Agnelli, l’istituto che opera nel campo delle scienze sociali fondato a Torino nel 1966, oggi impegnato nella ricerca nel campo dell’istruzione e parte attiva in progetti di abilitazione tecnologica, che riveste invece il ruolo di partner culturale. La passione per la scienza e per la fisica di Sergio Marchionne, e la volontà del Gruppo di celebrare la sua memoria a seguito della prematura scomparsa, hanno contribuito senza dubbio alla spinta necessaria per arrivare a questo importante risultato. L’iniezione di questa nuova energia ha fatto svoltare la progettualità del CSG dandole un nuovo e ambizioso respiro, e consegnando l’intuizione iniziale alla visione di Renzo Piano.
Il CSG è in tutti i sensi una novità: nasce da un’idea progettuale nuova, ha un nome inedito, e porta avanti un concetto innovativo che mette al centro la volontà di avvicinare la scienza alle persone. A differenza dei musei scientifici tradizionali, infatti, il CSG ruota attorno al coinvolgimento del visitatore e lo fa a partire dalla sua forma architettonica progettata da Piano, il quale ha aderito con entusiasmo al progetto poco dopo le primissime fasi di progettazione.
La struttura del CSG è costituita da due grandi tubi e tre padiglioni dedicati a esibizioni, educazione ed eventi. Uno di questi ospita l’Auditorium Sergio Marchionne, che accoglierà fino a 1000 persone: uno spazio molto voluto da Gianotti e che potrà ospitare grandi incontri, per i quali al momento non era presente uno spazio adeguato né al Cern, né nella città di Ginevra. Per renderlo davvero funzionale e adattabile a varie occasioni, l’Auditorium è modulabile, per permetterne un utilizzo parziale in caso di incontri più raccolti. Gli altri due padiglioni ospitano l’area divulgativa, che sarebbe riduttivo chiamare “museale” per il forte impatto immersivo che li caratterizza: in uno vengono affrontati i grandi temi della fisica, mentre l’altro è dedicato in modo specifico al racconto dell’attività di ricerca del Cern.
Si prevede un’utenza molto differenziata in termini di età («Dai 5 ai 105 anni!», ha detto Geeraert) e visite al polo in momenti altrettanto diversi: nei giorni feriali ci saranno gli studenti delle scuole accompagnati dai loro insegnanti, mentre nei giorno festivi arriveranno famiglie da Ginevra e dintorni, per i quali sarà indispensabile la figura di una guida. A questo scopo si è pensato di coinvolgere i ricercatori del Cern, le uniche persone a poter trasmettere contemporaneamente nozioni e passione per gli argomenti che studiano. Visitare il CSG sarà quindi un’esperienza coinvolgente: le trecentomila e più persone che ogni anno fanno richiesta di visita al centro potranno finalmente accedere alla struttura, vedere illustrate le scoperte scientifiche degli ultimi cento anni e, al tempo stesso, conoscere più da vicino lo studio della fisica delle particelle di cui si occupa il Cern. Si potranno in questo nuovo contesto valorizzare le iniziative di outreach che il Cern sta già portando avanti, come ad esempio “Hands on Physics”, o Progetto HOP, l’iniziativa che vede coinvolti Fondazione Agnelli e Cern nell’introduzione di un nuovo metodo di insegnamento della fisica nelle scuole italiane, e che in futuro verrà proposto anche a livello internazionale. Un metodo con il quale, come dice il nome stesso, giovani studentesse e studenti delle scuole medie si troveranno con le mani in pasta, provando in prima persona cosa significhi fare un esperimento. Rivolgendosi a questa fascia d’età, Progetto HOP non nasce allo scopo di formare le eccellenze di domani, ma punta a stimolare una curiosità diffusa nei confronto della scienza e rinvigorire la fiducia nel metodo scientifico.
Lo spazio inaugurato è bello, attraente e aperto al pubblico nel senso più letterale del termine, dal momento che è l’unica parte del centro di ricerca a non avere recinzioni, ma alberi a circondare una piazza alla quale tutti possono avere libero accesso. Il gioco delle forme dà l’illusione che un’astronave sia atterrata nei boschi fuori Ginevra, aprendo un portale tra il nostro mondo e una fantastica dimensione parallela. In realtà, il Gateway illustra quanto affascinante realismo ci sia nel progresso scientifico. Il Gateway ci spiega quali incredibili risultati si possono ottenere nel momento in cui centinaia di persone dedicano la loro vita all’esplorazione di tutto ciò che ci circonda. Ci dice che la realtà scientifica può trasportarci oltre i limiti della nostra immaginazione.
Di Alberto Di Minin e Norma Rosso