Nella splendida cornice di Castelbrando, il 23 e 24 Maggio si è riunito il Technology Forum del Club Ambrosetti. Mio è stato il compito di presentare come Portavoce il lavoro del Junior Chapter. Ho pensato di riproporre qui le 4 idee riprese dal Junior Chapter che hanno contribuito al rapporto del Tech Forum e che sottendono diverse delle proposte presentate da Valerio De Molli, Senior Partner di Ambrosetti.
Il Junior Chapter è stato istituito, su proposta di Ambrosetti, a seguito di un incontro del Forum 2013, con l’allora Ministro Maria Chiara Carrozza, che ha suggerito al Club di coinvolgere giovani ricercatori per arricchire la diversità di punti di vista sugli argomenti in questione.
Valerio ha raccolto la sfida, io sono stato incaricato di proporre una struttura per il Chapter, e ho avuto così modo – in questi mesi – di lavorare con dodici giovani eccellenze italiane che si occupano come me di ricerca dell’Innovation Management. Tutti i componenti del Junior Chapter sono, infatti, ricercatori o giovani associati di diverse università italiane o straniere.
Siamo partiti dai lavori del Tech Forum e dalle considerazioni conclusive del rapporto 2013, le abbiamo – in autonomia – riorganizzate secondo le nostre competenze ed i nostri ambiti di ricerca in queste quattro aree e, da bravi book smart, abbiamo confrontato quello che gli esperti del Forum avevano suggerito con quanto di nuovo su questi temi propone la letteratura manageriale internazionale. Infine, in coordinamento con il gruppo del Tech Forum, abbiamo messo a sistema le nostre idee con le proposte del Forum che stavano nel frattempo emergendo: il risultato è che le nostre idee contribuiscono in maniera organica al rapporto finale.
Nel presentare le proposte mi sono ispirato alla vita e all’esperienza di Arturo Malignani, che ho già raccontato in questo blog e che oggi, come nel 1800 rappresenta più un’eccezione (un fuoriclasse.. appunto) che la norma, rispetto ad un contesto di trasferimento di tecnologie e competenze non particolarmente brillante.
Ecco dunque le quattro idee del Junior Chapter.
Innanzitutto. Il potenziamento ed una maggiore dignità professionale per la figura dei ricercatori che si distinguono, oggi come ieri, nei centri di ricerca italiani, pubblici e privati, per la loro capacità di ispirare studenti e tesisti, per la loro capacità di produrre paper, e che si posizionano – per quantità e qualità pro capite – ai primi posti in Europa.
Ciò avviene, però, in un contesto in cui salari e prospettive di carriera dei giovani ricercatori nelle diverse università italiane sono particolarmente svantaggiose rispetto alle medie europee. Ma la mia non è una rivendicazione sindacale, nel corso dei lavori del Forum, è intervenuto Nicholas Shea, ideatore di Start-Up Chile. Nicholas ha suggerito: “Innovation is about Talent!”. Ecco forse io enfatizzerei: “Innovation is about empowering talent!”
Come ricercatori universitari, dovremmo avere gli incentivi per fare bene il nostro lavoro, per affiancare quei giovani studenti che con noi fanno i loro corsi di laurea, la tesi o il dottorato. Se io personalmente sono in grado di farlo meglio di altri miei colleghi, se sono capace di guidare, di ispirare (anche a fare il drop out e fondare una start up innovativa), di produrre e trasferire conoscenza meglio di altri, questo dovrebbe concretizzarsi anche negli strumenti messi a disposizione.
Stando al recente Researchers Report della Commissione EU, l’Italia è agli ultimi posti in Europa non solo per il salario medio dei ricercatori, ma anche per la percezione di trasparenza e di meritocrazia sulla valutazione dei risultati del nostro lavoro.
Secondo punto. È fondamentale che, in un Paese ricco di tradizioni manifatturiere come l’Italia, ci si renda conto della necessità di coinvolgere l’industria tradizionale e portarla ad investire capitale nello sviluppo e nella commercializzazione di ricerca e tecnologia. Questo sia per iniettare tecnologie per lo sviluppo del business in essere e sia per proporre ad un imprenditore una strategia di private equity che di fatto è una diversificazione di investimento in ambiti anche lontani dal proprio business (ma promettenti).
Ciò potrebbe avvenire se si approfondissero meglio le dinamiche di innovazione di un’azienda a conduzione familiare e se si spendessero risorse in modo più efficace e più mirato, superando la logica del contributo a pioggia e usando meglio la leva del tax credit, in maniera più efficace e mirata su alcune spese di R&I. Incentivando anche la crescita di quelle piattaforme che mettono a sistema “old money” con “new ideas”.
Inoltre, per crescere ed andare oltre ai primi successi imprenditoriali, come accadde nell’Udine dell’800, oggi sempre di più è fondamentale attrarre capitali e competenze ANCHE stranieri per attuare il potenziale innovativo delle start up e delle spinoff italiane. Per farlo è fondamentale avere un storytelling convincente. Nell’ambito dei lavori del Tech Forum David Gann ci ha portato il caso dell’Imperial College: caratterizzato da impressionanti investimenti in nuove strutture, e uno sforzo di investimento privato impressionante. Nicholas Shea, con Start-Up Chile ha dimostrato che si può far molto anche con poche risorse a disposizione: il coordinamento tra diverse istituzioni e la focalizzazione su un obiettivo unico è stato il fattore chiave di una value proposition chiara, che rimane nell’immaginario, sia dell’investitore di casa propria sia di quello straniero. Il primo passo, sottolinea bene il rapporto del Tech Forum Ambrosetti, è una necessità che sottende diverse proposte: FOCALIZZARSI! Università tematiche, aggregazione dei tech transfer office…
Fondamentale, e complementare, infine, un’idea che sottende molte delle proposte del rapporto ma che è bene a mio giudizio esplicitare bene. Il Settore Pubblico può essere fondamentale nel guidare esperimenti applicativi tramite misure che agiscono sul lato della domanda dell’innovazione, tramite iniziative di Precommercial Public Procurement. L’Europa con Horizon 2020, con un ritardo mostruoso nei confronti degli Stati Uniti e, a dire il vero, anche della Cina, dichiara di voler andare in questa direzione, affiancando al finanziamento pubblico della ricerca di base, la logica del settore pubblico come first user per le eccellenze industriali di domani, e nel dettare le regole del gioco ed i punti di arrivo di meccanismi di inducement prize che possono assicurare il finanziamento del primo miglio al best in class.
Queste sono solo alcune delle idee elaborate insieme ai miei colleghi che ringrazio per l’intenso lavoro di questi mesi. E’ stato un percorso particolarmente intenso.
“L’importante è passare dalla teoria alla pratica” hanno sottolineato Alessandro Fusacchia (MIUR) e Stefano Firpo (MISE), concludendo i lavori del Tech Forum nel loro ruolo di policy makers, evidenziando quanto sia complesso e delicato tradurre in azione anche le migliori idee e proposte. Enfasi su execution ora dunque, in un sistema, come quello italiano, caratterizzato da una forte resilience al cambiamento.