In occasione del corso China Issue, in pieno svolgimento presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa da marzo a maggio, #Fuoriclasse pubblica ChinaIssues ovvero una serie di interviste ai relatori del corso. Dopo l’intervento di Francesca Spigarelli sulle industrie culturali e creative in Cina, e di Georges Haour sull’innovazione, il 26 aprile il Prof.Kerry Brown terrà una lezione su “Grand View: the new era of China”.
Professor Brown, tra l’ottobre 2017 e il marzo 2018 si sono tenuti due importanti appuntamenti politici: il XIX Congresso del Partito comunista cinese e le Due Sessioni plenarie dell’Assemblea Nazionale del Popolo e della Conferenza politica consultiva del popolo cinese. Qual è il significato politico di questi avvenimenti?
Il Congresso e le Due Sessioni quest’anno sono stati interpretati come appuntamenti che si sono verificati in momenti chiave del periodo al potere di Xi, e che quindi offrono indicazioni su passaggi fondamentali sulla natura del suo potere. Questi due eventi hanno rivelato segnali sul tipo di persone che Xi Jinping desidera avere attorno a sé mentre la Cina e la sua leadership affronteranno i prossimi cinque anni, e hanno dato un’indicazione di che tipo di obiettivi vogliano raggiungere. In ogni caso, quello che è emerso è un quadro misto. Si tratta, infatti di un comitato permanente del Politburo composto da sette persone, tra cui Xi, che è stato nominato osservando le regole sul pensionamento per limiti di età dei recenti congressi, ma che non conteneva un chiaro successore. Inoltre, vi sono presenti una miscela di persone senza un comune collegamento correntizio facilmente decifrabile. Quindi in qualche modo il congresso di quest’anno ha mostrato il consolidamento del potere, ma in un modo misto, a volte ambiguo. Possiamo vedere il potere. Non sappiamo esattamente a cosa miri.
Quali sono le somiglianze e le differenze tra la Cina passata e quella al tempo di Xi Jinping?
In parole semplici, la Cina ora è economicamente, e globalmente, una forza molto più significativa di quanto non sia mai stata prima nella storia moderna. Quindi questo è un fatto rilevante. Questa è l’era della Cina globale, della Cina in cui anche le sue questioni interne sono di importanza globale e dove la sua collaborazione su questioni come la lotta al cambiamento climatico e il sostegno al libero scambio non sono mai state più significative. È anche un’era di ambizione – un tempo in cui possiamo dire che la Cina ha la visione e la capacità di raggiungere la modernità alle sue condizioni.
La trappola di Tucidide – ovvero lo spettro di uno scontro inevitabile fra la potenza in ascesa e quella in declino – è un mito o una minaccia reale?
Storicamente, la trappola di Tucidide si è dimostrata sufficientemente reale. Si sono verificati spesso momenti in cui le potenze dominanti hanno attaccato quelle in competizione per impedire che diventassero troppo forti. Il problema ora è che la Cina è molto vasta e un attacco militare sarebbe impensabile senza avere conseguenze catastrofiche su di un piano globale e regionale. Ciò che vediamo quindi è un’epoca di conflitti subliminali per procura – alcuni nello spazio cibernetico, dove la Cina è stata accusata di fare molto, e alcuni nel mondo del commercio, dove gli Stati Uniti hanno già fatto alcuni passi verso l’inizio di una guerra commerciale. Forse in queste aree possiamo vedere i tentativi di limitare o ridurre le ambizioni della Cina, piuttosto che nel mondo reale.
Qual è la visione della Cina dell’evoluzione del sistema internazionale? In che cosa consiste il ruolo della Belt and Road Initiative?
La Belt and Road Initiative è una visione non normativa, non prescrittiva, altamente ambiziosa che, in qualche modo, delinea ciò che potrebbe essere un mondo gestito secondo i valori e le credenze cinesi nello spazio internazionale. È un appello prevalentemente economico in questo momento, anche se i leader cinesi probabilmente lo considerano molto più ambizioso, ovvero come l’elaborazione di un legittimo spazio strategico nell’ordine internazionale per il loro paese, ora che è la seconda economia del mondo. La visione del sistema internazionale si sta evolvendo. È in parte pragmatica – considerato che un ambiente esterno benigno è importante mentre si continuano ad affrontare le proprie sfide interne in termini di sviluppo e transizione economica – e in parte opportunistica – facendo affidamento su un sistema basato sulle regole – e allo stesso tempo leggermente parassitario. Ora, tuttavia, la Cina è costretta dal protezionismo dell’amministrazione Trump ad essere più esposta e a spiegare più chiaramente qual è la sua visione dell’ordine globale e come altri potrebbero prenderne parte. Questo, inutile dirlo, si è rivelato un compito molto impegnativo.
Cosa possiamo aspettarci dall’ascesa della Cina globale?
La Cina ha una visione eccezionalista di sé stessa. In questo senso, mentre vuole che le venga riconosciuto il suo status e il ruolo di una grande potenza globale, chiaramente non vuole agire da poliziotto globale nello stile americano. È una nazione che non ha avuto alcuna esperienza di combattimento all’estero dal 1979. In questo senso, quindi, opera come una forza di tipo diverso dagli Stati Uniti. Dobbiamo trovare un modello che rappresenti meglio gli attributi unici della Cina, in modo da avanzare giudizi errati, sbagliare interpretazioni e causare conflitti inutili. Il problema quindi è di individuare un mondo che possa soddisfare la visione che la Cina ha di sé stessa e il suo insieme di valori con quelli di altre nazioni, in particolare quelli che fanno riferimenti agli Stati Uniti. Questo sarà un mondo più ibrido. Ma non dovrebbe essere polarizzato.
Quali sono le principali sfide che la Cina dovrà affrontare nel prossimo decennio?
Cercare di garantire che mantenga un sistema politico interno stabile e una posizione internazionale che sia più assertiva, ma non dirompente, e che sia responsabile, ma non appesantita da richieste e aspettative sul modello che hanno vissuto gli Stati Uniti.