Immaginare l’impensabile

Sull’ultimo numero di Time, il celebre settimanale statunitense, lo storico e filosofo Yuval Noah Harari titola il suo pezzo sulla battaglia contro il Coronavirus “Humanity lacks leadership”. L’umanità manca di leadership.

“Thinking the Unthinkable – A new imperative for leadership in a disruptive age” (Pensare l’impensabile – Un nuovo imperativo per la leadership in un’età dirompente), quasi trecentosessanta pagine di testimonianze dal mondo del management e di consigli per i leader di oggi, sembra rispondere perfettamente alla questione sollevata da Harari nel suo pezzo.

Thinking the Unthinkable risulta attuale, infatti, anche nel pieno dell’emergenza rappresentata dalla pandemia da Coronavirus, benché sia un libro pubblicato 2018. Nel suo caso, infatti, i due anni in più sulla carta d’identità ne fanno non già un’opera superata, ma anzi un lavoro ancora valido e ai limiti del profetico.

UNA GUIDA PER MARINAI IN TEMPESTA

Ad un primo approccio potrebbe riuscire difficile catalogare quest’opera dei due anglosassoni Nik Gowing e Chris Langdon. Non è una mera raccolta di interviste a CEO e top manager (anzi, uno solo dei quarantotto capitoli si presenta nella più tradizionale forma dell’intervista). Non è neppure una semplice antologia di brevi casi di studio, anche se molte delle vicende riportate forniscono una chiave utilissima per comprendere al meglio il funzionamento del top management aziendale e delle dinamiche (anche psicologiche) che ne governano l’andamento. E non è neppure un’opera meramente prescrittiva, poiché non ha la pretesa di indicare ai leader di oggi e di domani un’unica via, benché ne definisca alcuni punti cardinali. A bella posta, Thinking the Unthinkable potrebbe essere definita come una guida per marinai in tempesta.

Gowing, giornalista classe 1951, è stato per quasi vent’anni uno dei principali volti della BBC World News. È Visiting Professor al Kings College di Londra e alla Nanyang Technological University di Singapore. È anche stato membro del Global Agenda Council on Geo-Economics del World Economic Forum ed è consulente per le sfide di leadership del Presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Langdon, membro della Royal Society of Arts (RSA), dal 2010 al 2014 è stato Managing Director dell’Oxford Research Group (ORG). Ha diretto il programma Communicating Europe per l’iniziativa europea per la stabilità, 2008-2010. Come direttore associato del Wilton Park Conference Centre, 1997-2008, Chris ha presieduto oltre 50 conferenze di alto livello, molte delle quali dedicate ai Balcani occidentali.

ALLARME ROSSO

Il libro, anzitutto, si presenta con una sgargiante copertina rossa. “Si tratta – spiegano gli autori nelle prime pagine – di un allarme rosso per i leader di fronte alla fine della conformità che li ha mantenuti lì in cima”. E ancora, è una “chiamata all’azione a causa delle nuove lotte di fronte a coloro che sono in cima”.

Nel libro gli autori si promettono di riportare e controllare “la capacità umana dei leader di gestire tutto ciò che viene scagliato contro di loro, spesso in forme senza precedenti e da direzioni imprevedibili”. E se è vero come è vero che in questi giorni molti autorevoli leader, a partire dal presidente francese Emmanuel Macron, hanno parlato di una vera e propria “guerra contro il Coronavirus”, quella degli autori del libro viene definita nientemeno che “una chiamata alle armi” (“a call to arms at a moment of mass, destabilising turbolence of us all”).

Non a caso, citando Chris Donnelly, Director dell’Institute for Statecraft, gli autori sottolineano che “il tasso di cambiamento che stiamo attraversando in questo momento è paragonabile a quello che accade in tempo di guerra”. Per Fred Kempe, presidente e Ceo dell’Atlantic Council, già nel 2018 si poteva parlar del “più grande periodo di incertezza globale dalla fine della Guerra fredda e forse dalla Seconda guerra mondiale”.

CORAGGIO E UMILTÀ

Sette sono le parole chiave sulle quali è imperniato il libro: cultura, mentalità, comportamento, scopo, valori, coraggio, umiltà. Ed è, in effetti, un libro che combina coraggio ed umiltà.

Coraggio, perché accarezza temi di stretta attualità (ora come allora) passando in rassegna le novità epocali dei nostri giorni (dall’avvento di Donald Trump negli Stati Uniti a Brexit, dal presidente russo Vladimir Putin ai dilaganti populismi, dai fenomeni migratori al #MeToo). Si scomoda Confucio, si parla di CEO ambiziosi come Piyush Gupta: arrivato nel 2009 a Dbs (gruppo di servizi finanziari con sede a Singapore), ha puntato dritto a farla diventare la… lettera “D” mancante nell’acronimo GANDALF (Google, Amazon, Netflix, Apple, LinkedIn e Facebook). Acronimo, questo, che raggruppa le aziende non bancarie che rappresentano, per Abhishek Raval, “the ones that push boundaries”.

Ed umiltà, perché Thinking the Unthinkable non promette di fornire soluzioni immediate ai numerosi problemi (“is about being realistic”). Non è un manuale del buon governo, perché non ha la pretesa di insegnare, ma una raccolta di best (ma anche worst) practices. Gli autori, ad esempio, indicano cinque fasi fondamentali per un leader che deve fronteggiare un cambiamento: lo status quo, l’analisi della realtà esterna e di quella interna, per poi affrontare la sfida e infine prosperare sul cambiamento. È una questione di umiltà e realismo stando anche alle parole di Ivo Daalder, presidente del Chicago Council on Global Affairs: “Ci troviamo di fronte a una serie di problemi significativi, molti dei quali possono uscire dal nostro controllo molto rapidamente, e non molte soluzioni”.

QUALCOSA PIÙ DI UN LIBRO

“Thinking the Unthinkable” è un progetto di ricerca tuttora in pieno svolgimento. Partito nel 2014 da una semplice domanda (“Perché così tanti leader nel governo, negli affari, nelle istituzioni e nelle Ong combattono di fronte all’inizio di una nuova normalità di disgregazione a livello globale?”) ha visto gli autori impegnati per quattro anni in centinaia di interviste (la maggior parte delle quali off the record) con top leaders.

Non è un libro di economia in senso stretto (“we are not business professors”) né un libro scritto da autoproclamati luminari (“we don’t claim to be leadership experts or gurus”). Ma non è neppure solo un libro. È, infatti, un progetto più articolato che si avvale anche di una piattaforma online (https://www.thinkunthink.org/) costantemente aggiornata con nuovi contenuti, perché, come scrivono Gowing e Langdon, “we are disruptors too”.

Tanto aggiornata che sono già diversi i contributi legati all’emergenza Coronavirus. L’ultimo? Coronavirus ‘new normal’ leaders must adapt to (https://www.thinkunthink.org/latest-unthinking/2020-03-20-coronavirus-new-normal-leaders-must-adapt-to), con una recente intervista concessa da Nik Gowing a TalkRadio nella quale egli sostiene che i leader debbano adattarsi a sopravvivere e prosperare nel “new normal”.

Pensare l’impensabile, del resto, è esattamente ciò che hanno fatto Gowing e Langdon fin dal 2014, quando il progetto è nato: aver immaginato, in un momento in cui ciò era difficilmente prevedibile, che i leader del giorno d’oggi si sarebbero trovati a fare i conti con una realtà improvvisamente mutata e straordinariamente complessa (in una parola, disruptive) e con la necessità di affidarsi ad una leadership solida (ma al contempo flessibile), autorevole e ispirata.

Di Alberto Di Minin e Nicola Pasuch