Il modello Lean può sicuramente essere definito come un processo, una metodologia, un nuovo modo di approcciare il business o addirittura una filosofia. Nonostante tutte queste considerazioni siano sicuramente vere, è importante ricordare come la definizione sia stata introdotta per la prima volta in un libro di Eric Ries, pubblicato nel 2011 e intitolato appunto “The Lean Startup”. Nel libro il modello Lean veniva definito come un processo sistematico finalizzato alla definizione di un modello di business. Tra i componenti principali di tale processo venivano individuati:
- Il Customer Development: definito come la capacità di sviluppare un rapporto stretto con i propri clienti, in modo da capire a fondo i loro bisogni ed essere in grado di raccogliere i feedback costantemente e correttamente.
- Il Minimum Viable Product (MVP): vale a dire la capacità di produrre un prodotto che contenga le caratteristiche base ma che sia pronto ad essere arricchito con nuove funzionalità sulla base dei feedback raccolti dai clienti.
- Pivot or persevere decision: ovvero la decisione di continuare a sviluppare il prodotto implementando le funzionalità di un MVP oppure abbandonarlo per concepire un prodotto totalmente nuovo.
L’obiettivo principale della metodologia Lean è quello di massimizzare la capacità dell’azienda di imparare dai feedback dei propri clienti, in modo da proporre delle soluzioni che siano il più possibile vicine ai loro bisogni.
Negli ultimi anni questo metodo è stato sempre più utilizzato dai manager delle startup e sempre più frequentemente insegnato nei corsi di imprenditorialità, vista la sua importanza nel guidare l’innovazione soprattutto all’interno di un’economia digitale. Il problema delle startup è infatti quello di spendere troppo tempo nella definizione del prodotto e mostrarlo ai clienti solo quando esso è già pronto per essere prodotto in serie. In questo modo se il feedback dei clienti è negativo, la startup non è più in grado di rimediare ai suoi errori e finisce così per fallire. Il libro pubblicato da Ries ha raggiunto nel 2020 ben 5.304 citazioni su Google Scholar, la ricerca accademica invece ha dedicato 69 articoli alla tematica, tutti pubblicati in giornali internazionali. La tematica della Lean startup si interseca infatti con diversi temi di ricerca accademici, tra i quali possiamo trovare il processo di sviluppo dei nuovi prodotti, il cambiamento organizzativo strategico e il decision making imprenditoriale.
L’importanza di questa tematica è dimostrata anche dalla presenza di un professional development workshop (PDW) in una delle conferenze di management più importanti: L’Academy of Management. Quest’anno il PDW, coordinato da faculty della Harvard Business School, si è tenuto virtualmente a fine agosto, ed ha visto partecipare relatori di primo piano per quanto riguarda il mondo delle startup. Ognuno dei relatori ha posto l’accento su diversi aspetti della metodologia Lean, tutti molto interessanti per gli studiosi di management e gli imprenditori. Dall’ascolto di questi panelist abbiamo potuto estrapolare cinque concetti: identificazione di opportunità, sperimentazione, modalità di sperimentazione, identificazione di risorse esterne, Lean e novità, imprenditorialità e scientificità.
Identificazione opportunità. Secondo Jay Barney, Professore di Management strategico all’Università di Utah, per le startup è importante riuscire a validare un’idea, e conseguentemente il suo valore, più velocemente possibile e a un costo sempre più basso. In quest’ottica la Lean startup methodology non solo aiuta le startup a testare l’idea, ma può essere anche in grado di modificare il valore dell’idea stessa tramite la generazione di nuove opportunità, che altrimenti non sarebbero accessibili alle startup. Spesso infatti ci si concentra sul funzionamento del metodo Lean e ci si dimentica che esso può avere un impatto anche sulla ricognizione di nuove opportunità. Inoltre, la sperimentazione può avere un impatto sul valore dell’idea, ma anche un impatto sui competitor, che possono essere attratti dalla redditività potenziale dell’idea e stimolati ad entrare nel mercato con una soluzione simile. A ben vedere però questa potrebbe essere l’essenza della metodologia Lean, le startup che sperimentano una soluzione ma rinunciano a portarla avanti perché vedono un ingresso troppo consistente di competitor riescono ad evitare un fallimento assicurato dal momento che si tengono alla larga da un mercato che potrebbe saturarsi nel giro di qualche mese.
La sperimentazione. Secondo Susan Cohen, professoressa dell’Università della Georgia ed esperta di programmi di accelerazione, la Lean Startup methodology può aiutare le startup a “pensare fuori dalla scatola”, evitando quindi che finiscano per “cercare le chiavi sotto il lampione perché quello è l’unico punto illuminato”. Secondo Cohen, il modello Lean si basa sulla sperimentazione veloce di business model grazie all’utilizzo di “Minimum Viable Product”. Nel momento in cui la startup possiede abbastanza dati sulla sperimentazione può decidere se creare un nuovo business model facendo pivot sul primo oppure abbandonare il progetto. In questo modo si viene a creare una sorta di circolo virtuoso (Idea, build, launch, learn) che permette alle startup di limitare il rischio di fallimento. I tre aspetti principali di una strategia Lean sono dunque la sperimentazione, il minimum viable product e il pivot. Per sperimentazione si intende la capacità di articolare ipotesi falsificabili ma allo stesso tempo rigorose. Il MVP è una versione di un prodotto in grado di abilitare il circolo costruzione, misurazione, implementazione con uno sforzo minimo da parte dell’azienda. Il pivot si riferisce alla capacità di cambiare strategia senza cambiare la vision dell’azienda.
Come sperimentare. Secondo Sourobh Ghosh, organizzatore del PDW e research fellow all’Harvard Business School, la sperimentazione è un’attività che dovrebbe essere alla base di ogni attività di business. Secondo lui essa può essere divisa in due aspetti, una parte relazionata al pensiero e una relazionata al fare. Infatti, la prima consente di avere una visione di insieme del prodotto e dei feedback dei clienti, mentre il fare si riferisce alla capacità di implementare i feedback ricevuti dai clienti. Le risorse a disposizione della fase riferita al pensiero sono le capacità ingegneristiche, le abilità manageriali e le capacità cognitive individuali. Quelle riferite invece all’azione sono il numero di interazioni con i clienti, gli strumenti di test e le infrastrutture che permettono di analizzare i dati. Le startup devono bilanciare bene i due elementi della sperimentazione, in quanto solo così facendo sarà possibile far si che questa attività possa avere un impatto sulla performance innovativa dell’impresa. Tuttavia, è bene ricordare che l’attività di sperimentazione spesso ha un effetto positivo solo sulla capacità di introdurre innovazioni incrementali.
L’identificazione delle risorse esterne. Per Maryann Feldman, Heninger Distinguished Professor presso il dipartimento di Public Policy della Università del North Carolina, le startup devono essere in grado di capire quali risorse non hanno a disposizione internamente in modo da poterle ricercare all’esterno. In questo senso quindi le startup devono essere brave ad identificare gli ecosistemi innovativi all’interno dei quali situarsi. L’utilizzo del modello Lean deve quindi facilitare l’impiego delle poche risorse possedute dall’azienda, in modo da evitare che esse vengano spese per delle attività che non risultano essere essenziali. Con l’avvento dell’economia digitale il modello Lean è sempre più richiesto e sempre più fondamentale per avere successo in un ambiente sempre più dinamico e in continua evoluzione. Le startup devono infatti riuscire a rimanere il più vicino possibile ai propri clienti in modo da comprendere a fondo i loro bisogni e modificare i propri prodotti e servizi seguendo i loro feedback.
Lean e novità. Teppo Felin, professore di strategia e innovazione della Saïd Business School, mette invece in risalto il fatto che il concetto della Lean sturtup non è del tutto nuovo nella letteratura di management. Già da anni infatti le teorie sull’organizational learning, sul real options, sulla technological evolution e sul product development studiavano la necessita di un’organizzazione di sviluppare rapporti stretti con i propri clienti e modificare continuamente i prodotti e i servizi ascoltando i loro feedback. La metodologia Lean può inoltre avere alcuni problemi, il principale è il fatto che questa metodologia porta spesso a concentrarsi sull’innovazione incrementale trascurando quella radicale. Per le startup questo può essere un problema dal momento che, per natura, queste organizzazioni devono introdurre sul mercato prodotti molto innovativi per rimanere competitivi. Inoltre, le startup possono credere che l’utilizzo della metodologia Lean e del MVP siano in grado di risolvere i propri problemi in relazione ai bisogni dei clienti. Tuttavia, una frase di Steve Jobs è molto esplicativa a riguardo: “non è compito dei consumatori capire che cosa vogliono”. Un altro problema dell’approccio Lean si riferisce alla relazione del prodotto con il modello di business. In questo senso c’è un problema di “uovo-gallina”. Infatti, non è ben chiaro se le startup debbano prima testare il modello di business o il prodotto e modificare di conseguenza o l’uno o l’altro.
Imprenditorialità e scientificità. Todd Zenger, della David Eccles School of Business dell’Università dell’Utah, vede l’approccio Lean come il tentativo di aumentare la scientificità del processo imprenditoriale, di fare in modo cioè che non si basi più esclusivamente sulle intuizioni degli imprenditori illuminati, ma anche su una metodologia scientifica che consenta di incrementare le possibilità di successo.
Nell’economia digitale che si sta imponendo oggi, questo tipo di approccio è sempre più richiesto, sia tramite l’uso sistematico della metodologia Lean sia grazie all’utilizzo di tecniche big data analytics e di intelligenza artificiale.
Non sarà un concetto nuovo, e si tratta di un metodo perfettibile.. ma sentiremo ancora e spesso parlare di Lean Start-up.
Di Alberto Di Minin e Nicola Del Sarto