A vent’anni dalla sua introduzione, Il paradigma dell’Open Innovation ha permeato e trasformato in tutto il mondo il tessuto imprenditoriale e non solo. Ad oggi, cercando il termine su LinkedIn emergono quasi 800 mila risultati di professionisti che usano il termine “Open Innovation” per descrivere il proprio lavoro e le proprie competenze. Si tratta di uno dei possibili esempi dell’impatto generato da questo concetto nel suo passaggio dalla teoria alla pratica.
Negli ultimi anni è andato via via formandosi un vero e proprio sistema di organizzazioni, attori e processi che ruota attorno all’intuizione di Henry Chesbrough, padre del termine, che riconosce nell’innovazione aperta un processo di innovazione distribuito capace di coinvolgere flussi di conoscenza che attraversano i confini organizzativi, in scenari sia commerciali che non. L’attuazione di una strategia di Open Innovation è complessa. Non è banale neppure osservare cosa sta succedendo e tra le sfide aperte rimane quella di capire le dimensioni del mercato del Open Innovation, in particolare nel contesto italiano, gli attori che lo compongono e le evoluzioni che caratterizzeranno.
Tra le iniziative che tentano di monitorare per capire vi è l’Osservatorio Open Innovation Lookout del gruppo di ricerca Innovation e Strategy del Politecnico di Milano che proprio in questi mesi è nelle sue fasi finali. Si tratta di un’attività di ricerca con cui collaboriamo con passione insieme a esperti che seguono da venti anni insieme a noi le dinamiche dell’Open Innovation. Lo studio, seguendo la consolidata tradizione degli osservatori Politecnico, vede interessati una decina di accademici, un advisory board internazionale, e più di trenta attori coinvolti come sponsor, partner e patrocinatori. Tra le istituzioni champion troviamo A2A, Agos, Barilla, Cdp, Enel, Eni, Pirelli, Sella.
L’obiettivo è mettere a sistema queste realtà e sbloccare il potenziale dell’ecosistema innovativo italiano passando per tutta una serie attività e progetti. Tre le principali linee di ricerca: (i) la mappatura dei player dell’Open Innovation in Italia, dei servizi erogati e dei loro modelli di business, (ii) i volumi e i driver del mercato in Italia, (iii) le barriere all’Open Innovation dal punto di vista di aziende e intermediari.
L’attività di ricerca ha portato a identificare più di 900 organizzazioni in tutto il paese, aziende private ma anche realtà pubbliche che hanno fatto propria la proposta di valore del paradigma ed introdotto iniziative di innovazione aperta. Tra le particolarità del mercato, notiamo il recente emergere di services providers quali venture builders e startup studios che accompagnano l’Open Innovation in iniziative imprenditoriali, o i problem solvers, che si pongono come intermediatori tra i bisogni e le competenze di diversi attori.
L’Osservatorio evidenzia lo sviluppo di un ecosistema in buona crescita che reinterpreta soluzioni originali alle barriere proprie del contesto aziendale e industriale. “La vera forza del nostro modello sta proprio nel mettere allo stesso tavolo attori che difficilmente avrebbero modo di incontrarsi in contesti di questo tipo” ci spiega Federico Frattini, Dean della Graduate School of Management del PoliMi “lo scambio di buone pratiche e la continua interazione sui temi proposti dal team di ricerca fornisce alle organizzazioni coinvolte un punto di vista privilegiato e strategico per capire i modelli e le direzioni del mercato dell’Open Innovation in Italia”. Questa propensione dei manager dell’Open Innovation al confronto è nota. Lo stesso Chesbrough quasi 20 anni fa aveva dato vita al Berkeley Innovation Forum, una vibrante business community chiamata ad un confronto su una figura professionale, quella del Open Innovation manager, all’epoca tutt’altro che affermata.
Oggi, insieme ai ricercatori e le ricercatrici dell’Osservatorio vogliamo mettere in fila i primi risultati in un rapporto che verrà presentato a Milano il prossimo 21 febbraio in occasione del convegno finale a cui seguirà il lancio della prossima edizione.
Di Alberto Di Minin e Giovanni Tolin
pubblicato su il Sole 24 Ore del 21 di gennaio 2024