In un mondo sempre più interconnesso, alcuni contesti si distinguono come veri motori di innovazione, attirando risorse e capitale umano da ogni angolo del pianeta. Sono le cosiddette “Alpha Cities”, le città con il più alto livello di integrazione economica globale, dove si concentrano asset quali talenti, finanza e tecnologia. Sebbene sia innegabile che questi contesti dalla grande potenzialità finanziaria e dalla forte intensità innovativa siano un asset chiave per la capacità di attrarre e generare valore di intere economie nazionali, la sfida di dar vita a ecosistemi dell’innovazione in contesti ancora in fase di sviluppo rimane tuttora aperta.
In quest’ottica, l’implementazione di strategie locali per l’Open Innovation può supportare tutte quelle periferie dell’innovazione che si caratterizzano per il fatto di avere un grande potenziale, ma una competitività ancora tutta da costruire. Ce lo dimostrano una serie di casi di successo che, facendo leva sull’innovazione aperta, stanno trasformando interi contesti locali. La sfida? Integrare PMI, intermediari e spazi di contaminazione attorno a una purpose, un senso comune che guidi il processo di Open Innovation.
È il caso dell’ecosistema biellese, che ci racconta come la presenza di soggetti abilitatori orientati all’Open Innovation possa accompagnare le PMI in una trasformazione capace di rilanciarne l’impatto nei loro territori. Parliamo soprattutto del caso di Sellalab e del percorso di crescita e trasformazione diffusa che la piattaforma innovazione del Gruppo Sella sta accompagnando in tutta Italia.
Si parte dal cuore delle Alpi italiane e da un territorio saldamente ancorato al comparto tessile, la cui eccellenza ha sempre proiettato Biella in un contesto globale. Dal 2013, Sellalab ha ripensato in modo aperto il concetto di banca, trovando nel Lanificio Maurizio Sella uno spazio fisico dedicato ad accompagnare le PMI verso l’Open Innovation. L’obiettivo è stato quello di spingere le PMI a collaborare per l’innovazione, diventando protagoniste nella connessione tra passato e presente, stimolando un’evoluzione coesa delle aziende coinvolte con nuove conoscenze e competenze. Oggi, a partire da Biella, la struttura del Sellalab conta su cinque sedi territoriali (Biella, Padova, Salerno, Lecce e Torino) e più di 450 startup supportate e 33 incubate assieme a Dpixel.
Non solo le PMI, ma anche università e centri di ricerca possono avere un ruolo chiave in questo processo. Un altro caso è quello del Molise Innovation Ecosystem. «Si tratta di un piano partito più di sei anni fa non senza difficoltà», ci spiega Michele Modina, ordinario di economia e gestione delle imprese. «Partendo dall’Università degli Studi del Molise, abbiamo provato a smuovere l’inerzia innovativa della regione facendo leva su tecnologie, talenti e partnership strategiche. Da un lato abbiamo spinto sulla crescita di spin-off e brevetti, dall’altro abbiamo avviato collaborazioni orientate a sviluppare le giovani risorse del nostro territorio mettendo a sistema la regione, le imprese e l’ateneo».
L’esperienza che meglio racconta questo processo di trasformazione è proprio quella di MoliZ, progetto sinergico co-finanziato con 9,3 milioni di euro, con l’obiettivo di creare le condizioni per trattenere i giovani del Molise nel loro territorio di appartenenza e al tempo stesso attrarre talenti dall’esterno. Sono stati costituiti due centri sull’intelligenza artificiale nei campi delle scienze della vita e della finanza ed è anche stata strutturata una startup Academy per formare, negli stessi ambiti, imprenditori e imprenditrici del futuro.
Insomma, per implementare strategie locali di Open Innovation non basta solo investire in modo mirato su progetti che vedono singoli attori al centro, ma serve aiutare a pensare come “una squadra”; alla purpose dell’innovazione e all’impatto sul territorio, coinvolgendo talenti e organizzazioni della comunità di riferimento.