Riprende la terza edizione del corso China Issues che si tiene presso la Scuola Superiore Sant’Anna. Lunedì 27 gennaio interviene su l’evoluzione industriale in Cina e il ruolo dell’innovazione Guido Giacconi, Co-fondatore e Presidente di In3act, CEO di In3act Global e Chairman di In3act Business and Investment Consulting (Beijing) Ltd e Vice Presidente della Camera di Commercio Italiana in Cina. Qual è lo stato delle aziende italiane in Cina? In particolare, si riesce ancora ad avere successo e qual è la consapevolezza delle sfide attuali?
Una recente business survey dimostra che le nostre aziende continuano a crescere di fatturato e margini di profitto, sebbene con un tasso di crescita inferiore all’anno precedente. Il mercato cinese si sta trasformando, maturando, evolvendo. Per questo è indispensabile avere in Cina un management che possa velocemente prendere decisioni al mutare delle condizioni di mercato. Le strutture organizzative e corporate italiane non stanno adeguatamente modificando i loro approcci e visione della Cina.
Sono passati quasi due anni dall’avvio della Trade war di Trump che si è rivelata essere sempre di più una Tech War. Che ripercussioni ci sono state sulla politica industriale cinese?
È cambiata la comunicazione, non si parla più di Made in China 2025 ma la si persegue come e più di prima. L’attenzione alla national security su energia, food, tecnologie portanti è diventata ancora più profonda. I timori di sanzioni, dazi, blocchi su tecnologie critiche hanno accelerato lo sviluppo di settori critici (tutti quelli del MiC2025) ed un rallentamento della energy transition.
La transizione energetica è una delle sfide del futuro. Come è possibile avviare su questi temi una cooperazione internazionale efficace nonostante un clima generale di confronto?
La cooperazione c’è, la Cina ha fatto e sta facendo molto. In alcuni settori energetici (UHV) è molto avanti. La complessità del comparto energetico cinese è così complessa che nessun operatore ha mai sperimentato il dover gestire tutte le direttrici della transizione allo stesso momento. La sfida è gigantesca, gli spazi di mercato enormi: bisogna però conoscere molto bene il contesto e strutturarsi adeguatamente.
Nel 2019 si è parlato molto di Belt and Road Initiative: quali sono state, all’atto pratico, le opportunità di coinvolgimento per le aziende europee?
Pochissime, per una doppia ragione: scarsa trasparenza dal lato cinese sui progetti della Belt and Road Initative, e inadeguatezza delle aziende europee a posizionarsi adeguatamente, a parte alcune solite grandi aziende tedesche e francesi.
Di Alberto Di Minin e Filippo Fasulo