Venerdì 18 febbraio la V edizione del corso China Issues della Scuola Superiore Sant’Anna ospita Davide Cucino, Vicepresidente e Capo dell’Ufficio di Bruxelles di Fincantieri. Grande esperto di Cina, dove ha vissuto molti anni ricoprendo l’incarico di Presidente della Camera di Commercio Italiana in Cina e della Camera di Commercio Europea in Cina. Nel suo intervento si occupa del tema “Business europeo in Cina dopo la pandemia”.
Com’è cambiato il business environment per le aziende europee in Cina negli ultimi anni?
Il contesto in cui le aziende europee in Cina operano è molto mutato. Le società cinesi sono molto più sofisticate anche grazie ad un aumento qualitativo delle risorse locali e a una ancor maggiore attenzione da parte del governo. Si è pertanto andato a ridurre il margine di competitività in molti settori industriali. A latere si nota anche un accentuato controllo centrale sui comparti tecnologici a più alto grado di innovazione, dove le autorità cinesi investono di più con l’ambizione di raggiungere i livelli occidentali. A tal fine pertanto spesso sono promulgate leggi che limitano la libertà di investimento da parte straniera se non in forma di JV e nella maggior parte dei casi addirittura con pressioni per delocalizzare non solo la tecnologia ma anche e soprattutto attraverso l’obbligo di delocalizzare i dati.
Cosa possiamo aspettarci in merito al CAI e, in generale, per quanto riguarda le relazioni tra Europa e Cina?
Dubito che il CAI, un accordo che consentirebbe alla comunità d’affari europea di allargare le proprie opportunità di investimento in Cina, possa essere firmato entro il 2022, sono troppi gli elementi collegati alla politica che impediscono ai due attori, EU e Cina, di proseguire in un dialogo proficuo. Non si tratta solo delle sanzioni applicate a soggetti europei da parte della Cina ma ad un cambio di passo su molti altri temi, dalla riforma dell’OMC, ad alcuni strumenti che la UE intende giustamente realizzare a complemento di quanto già il CAI non sancisca: International Procurement Instrument, il Regolamento anti-coercizione, lo strumento sui sussidi dei paesi terzi, tra gli altri. Senza contare alcune altre problematiche che andranno a manifestarsi a breve nel contesto dell’implementazione delle politiche di decarbonizzazione a livello globale.
Quali sono oggi i settori di maggior interesse per le aziende europee in Cina?
La Cina ha creato una sorta di differenziazione di trattamento a seconda del livello di interesse verso determinate industrie o meno. Noi alla Camera di Commercio Europea in Cina lo abbiamo codificato in “Business Class, Economy Class e Cargo”. Tappeto rosso per quelle industrie che possano contribuire all’aggiornamento industriale, quali beni strumentali (ancora un’ottima opportunità per le aziende italiane di quel settore), chimica, semiconduttori, energia verde e tecnologie e servizi ambientali. I prodotti di consumo, incluse le automobili, il settore sanitario, i servizi finanziari sono tollerati fin tanto che producono impiego e introiti fiscali. Telecomunicazioni e strumentazioni di rete così come tutto ciò che ha implicazioni con il mondo digitale è guardato con sospetto per questioni di non chiara sicurezza nazionale. In tale perimetro la Cina sta lanciando una campagna di investimenti colossali fino all’evidente interesse di influenzare le scelte globali della standardizzazione.
Di Alberto Di Minin e Filippo Fasulo