In occasione del corso China Issues, in pieno svolgimento presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa da marzo a maggio, #Fuoriclasse pubblica ChinaIssues ovvero una serie di interviste ai relatori del corso. Nelle scorse settimane abbiamo ospitato gli interventi Francesca Spigarelli sulle industrie culturali e creative in Cina, di Georges Haour sull’innovazione, di Kerry Brown su “Grand View: the new era of China”.
Giovedì 3 aprile ci sarà l’intervento di Plinio Innocenzi, Professore ordinario di Scienza e tecnologia dei materiali presso l’Università di Sassari e dal 2010 addetto scientifico presso l’Ambasciata d’Italia a Pechino che interverrà sul progetto Made In China 2025
Plinio, cosa vuol dire Xi Jinping quando dice che la “Cina deve diventare la casa degli innovatori”? Fa sul serio o è solo retorica? Con quali iniziative politiche sta mettendo in pratica questa strategia?
Difficilmente le intenzioni programmatiche della dirigenza vengono disattese. La capacità di mobilitare grandi risorse umane e finanziare è un carattere distintivo della Cina contemporanea e ne dobbiamo tenere conto ogni qualvolta ci confrontiamo o valutiamo la capacità di realizzare progetti così imponenti che a noi possono sembrare irrealizzabili. Trasformare la Cina in una Paese di innovatori è una di queste sfide e le risorse messe in campo sono sicuramente commensurate all’obiettivo. Non è una sfida semplice perchè le carenze del sistema educativo, poco orientato alla creatività, sono ancora molte e perchè se pure poco percepito all’estero il sistema cinese va ormai a due velocità, quella delle imprese private altamente innovative e quelle del sistema di stato ancorate a logiche ben diverse da quelle del mercato e la cui capacità di innovare è molto limitata.
Come si stanno sviluppando i rapporti di collaborazione scientifica tra Italia e Cina? Quali sono i settori scientifici che offrono maggiori opportunità?
Possiamo con orgoglio rivendicare di aver trovato una via italiana alla collaborazione scientifica con la Cina. Siamo stati in grado di concentrarci su grandi progetti e questa strategia è sicuramente pagante con la Cina. La nostra collaborazione è fortemente polarizzata nella fisica e nello spazio dove abbiamo ottenuto risultati di grande interesse. Il prossimo futuro della nostra collaborazione è probabilmente nel settore della medicina dove dobbiamo individuare dei progetti pilota di grande impatto scientifico dove lavorare insieme.
Che tipo di coordinamento c’è da parte delle istituzioni italiane della cooperazione scientifica con la Cina? Che ruolo rivestono gli attachè scientifici in Cina?
Abbiamo costruito in questi anni un sistema di coordinamento che è stato poi replicato per altri Paesi. Come ho già sottolineato la collaborazione con la Cina, per evitare trasferimento di competenze e tecnologie senza ritorni per l’Italia, deve essere necessariamente strategica e coordinata. E’ attivo presso il MAECI il tavolo tecnico S&T sulla Cina che ha il compito di coordinare tali attività e di realizzare sia la Road Map della collaborazione sia un documento strategico che viene aggiornato ogni due anni. Fondamentale è quindi il ruolo degli addetti scientifici nel coordinamento che avviene in stretto contatto con l’Italia attraverso l’ufficio per la cooperazione scientifica presso il MAECI che ha un ruolo importantissimo per promuovere la ricerca italiana all’estero.
Cosa ti rimarrà di questi tuoi anni in Cina? In particolare, cosa è cambiato di più? Quali sono i tuoi rimpianti e le cose di cui ti senti orgoglioso?
La cosa che mi ha più colpito è stata a trasformazione rapidissima del Paese in uno dei centri di ricerca e innovazione del mondo. Frutto di imponenti investimenti in ricerca, ma anche di politiche mirate e accuratamente pianificate fin nei minimi dettagli. Ho imparato l’importanza della pianificazione strategica nella ricerca su scale temporali diverse e l’importanza di saper mobilitare il Paese su grandi temi e porre al centro delle priorità nazionali la scienza e tecnologia. Un rimpianto… andare via proprio sul più bello. Rimane l’orgoglio di aver visto il meglio dell’Italia, un Paese che osservato da lontano è un grande innovatore e creativo come pochi.
Sulla base della tua esperienza, cosa suggeriresti ad uno studente che si avvicina alla Cina? Per esempio quale libro da leggere? C’è un dottorato in qualche istituzione accademica cinese oppure un internship in qualche azienda presente in Cina?
Le letture sono sicuramente fondamentali, ma suggerire un libro su un Paese che cambia a tale velocità è forse impossibile. Per questo paradossalmente suggerirei i grandi classici cinesi, le poesie Tang, L’arte della guerra di Sunzi e il Libro del Tao di Lao Tzu. Un suggerimento personale, imparate il gioco del go, l’antico gioco cinese anche se ormai praticato quasi solo in Giappone è il modo migliore per capire come pensano strategicamente i cinesi.