Continuano gli appuntamenti della seconda edizione del corso China Issues che si tiene presso la Scuola Superiore Sant’Anna, lunedì 8 aprile si affronta il tema piano Made in China 2025 con Guido Giacconi, Co-fondatore e Presidente di In3act, CEO di In3act Global e Chairman di In3act Business and Investment Consulting (Beijing) Ltd e Vice Presidente della Camera di Commercio Italiana in Cina. Nei precedenti settimane abbiamo ospitato gli interventi di Francesco Silvestri sull’intelligenza artificiale, di Lala Hu sull’internazionalizzazione dei brand cinesi, di Romeo Orlandi sulla Cina nell’economia internazionale di Franco Mazzei sulla geopolitica della Cina e di Michele Bonino sull’urbanizzazione.
Cos’è il piano Made in China 2025?
È la strategia industriale portante cinese per i prossimi 30 anni. La Cina deve uscire dal middle-income-trap e deve rafforzare la propria sicurezza nazionale e capacità militare. MiC2025, lanciata nel 2015 dopo 3 anni di studi da parte della China Academy of Engineers, identifica 8+1 strategie portanti di sviluppo industriale, dove la +1 sono i dieci settori industriali dove la Cina intende focalizzare lo sviluppo tecnologico e manifatturieri interno riducendo la dipendenza dall’estero con prodotti di maggiore qualità ed innovazione.
Le negoziazioni Cina-Usa nell’ambito della guerra commerciale hanno qualche impatto sul piano?
MiC2025 è stato uno degli elementi di innesco della guerra commerciale e delle tensioni con gli Stati Uniti. Gli USA intendono rallentare lo sviluppo tecnologico cinese sia per ragioni di competitività industriale sia per ragioni militari. La Cina ha commesso errori di comunicazione internazionale in merito a MiC2025, enfatizzando gli obiettivi di quote produttive domestiche nel 2025, 2035 e 2049, inducendo timori di protezionismo a discapito di società non cinesi. Dopo l’avvio delle tensioni con gli Stati Uniti, il Governo Cinese ha cambiato radicalmente strategia comunicativa, evitando di citare MiC2025 in occasioni ufficiali e riducendo il focus sul programma. Nella sostanza il programma prosegue forse con anche maggiore intensità proprio in ragione dei rischi per la Cina di vedere sanzionato il trading di tecnologie sensibili e quindi accelerando lo sviluppo interno in settori critici.
Quali sono le conseguenze a livello globale per il settore industriale?
MiC2025 rappresenta opportunità e minacce. Vista la crescita del mercato cinese per i 10 settori industriali strategici superiore al 10% annuo, si aprono grandi opportunità per aziende non cinesi di partecipare alla trasformazione industriale in Cina. Le minacce si individuano principalmente nella capacità prospettica di prodotti cinesi in concorrenza (per qualità e non necessariamente di prezzo) con i prodotti occidentali sui mercati globali e per la volontà cinese di approvvigionarsi con prodotti made in China, ma non necessariamente made by chinese companies. Ad oggi, anche da survey di diverse camere di commercio occidentali in Cina inclusa la Camera di Commercio Italiana in Cina, il numero di aziende occidentali con localizzazione in Cina che affermano di sentirsi discriminate dal MiC2025 sono inferiori al 20%.
Quali sono le conseguenze per la manifattura italiana?
I rischi sono molto alti se non si affronta in modo strutturata e strategica MiC2025. Oltre il 60% dell’export italiano verso la Cina rientra nei 10 settori strategici del MiC2025. La share di tali prodotti sul totale export italiano verso la Cina sta diminuendo ed anche i valori mentre, di contro, le esportazioni cinesi verso l’Italia stanno aumentando il valore ed in share. Una mancata comprensione e conseguente elaborazione di strategie ben strutturate e consapevoli da parte delle aziende Italiane coinvolte nei 10 settori strategici del MiC2025 indebolirà la competitività sui mercati globali ed anche in Italia (ad es, il settore delle Macchine utensili vede una diminuzione delle esportazioni verso la Cina ed un aumento delle importazioni, oltre che una forte competizione cinese sui mercati internazionali).