Nel nuovo appuntamenti della seconda edizione del corso China Issues che si tiene presso la Scuola Superiore Sant’Anna, lunedì 18 marzo abbiamo affrontato il tema del rapporto del rapporto tra modernità e trasformazione dell’urbanizzazione cinese con Michele Bonino, Professore associato del Politecnico di Torino e delegato del Rettore per le Relazioni con la Cina. Nelle precedenti settimane abbiamo ospitato gli interventi di Francesco Silvestri sull’intelligenza artificiale, di Lala Hu sull’internazionalizzazione dei brand cinesi, di Romeo Orlandi sulla Cina nell’economia internazionale di Franco Mazzei, sulla geopolitica della Cina.
Come è evoluta l’urbanizzazione in Cina con la crescita economica degli ultimi anni?
Il fenomeno continua a crescere, basti pensare che si è passati da una percentuale di popolazione urbana del 18% nel 1978 a una previsione del 60% nel 2020. Crescono anche le infrastrutture: nel 1990 meno di metà della popolazione urbana aveva accesso all’acqua potabile, oggi praticamente la totalità. Tuttavia, nel dibattito urbanistico, emergono anche in Cina i limiti di un modello di “crescita ad ogni costo”: si stanno avviando importanti esperimenti di decentralizzazione e di investimento sulle aree rurali e le piccole città.
Quali sono le sfide principali che devono affrontare oggi le amministrazioni cinesi?
La più urgente riguarda sicuramente la mobilità, e i suoi effetti in termini di inquinamento e congestione. Pechino aveva 1000 auto immatricolate nel 1985, oggi oltre un milione e seicentomila: da cui gli ingenti investimenti del governo sui veicoli elettrici. Però la sostenibilità urbana non è legata soltanto alla sfera dell’innovazione tecnologica: vi fanno parte temi oggi molto discussi in Cina, come il recupero dei tessuti urbani esistenti che permettono di ottimizzare le risorse disponibili e anche di minimizzare gli spostamenti.
Quali sono i progetti e le aree di maggiore interesse?
Sicuramente il progetto urbano su cui si pone maggiore enfasi è Xiong’an New Area, a sud di Pechino, lanciata da Xi Jinping nel 2016. L’opportunità di fondare una città nuova in questa fase storica è straordinaria, se si saprà dare sostenibilità al progetto non solo da un punto di vista “prestazionale”, ma più ampiamente sociale (education, coinvolgimento pubblico, servizi sociali e welfare). Un’altra area coinvolta da trasformazioni di grande interesse è la Great Bay Area, con baricentro a Shenzhen. La Biennale di Architettura e Urbanistica di Shenzhen ? Hong Kong indagherà nel 2019 il rapporto tra spazio urbano e innovazione.
Quali opportunità possono cogliere le aziende italiane in questo contesto?
Anzitutto l’opportunità progettuale. Godiamo ancora, come italiani, di una straordinaria reputazione nel saper disegnare le città più belle, che viene ben recepita dagli amministratori cinesi. Nella mia esperienza è difficile per imprese italiane inserirsi nelle opportunità di costruzione e perfino di fornitura, vista la grande concorrenza sul mercato locale. Mentre ci sono possibilità importanti nel campo dei servizi (ai cittadini, alle imprese locali stesse) legati all’urbanizzazione.