L’innovatore al centro dell’innovazione: la parola a Verganti, nuovo membro dell’EIC Advisory Board

“L’innovazione non nasce necessariamente dalla scienza, ma al centro di un processo innovativo c’è sempre un innovatore!”.

Questo in estrema sintesi il messaggio con cui Roberto Verganti, Professore al Politecnico di Milano, si presenta nel suo nuovo ruolo di Advisor dell’European Innovation Council.

Uno dei due membri italiani dell’Advisory Board, l’altra è la nanotecnologa Valeria Nicolosi, che lavora presso il Trinity College di Dublino, Roberto affianca professori, imprenditori e investitori europei, sotto il coordinamento di Marc Ferguson, attuale Direttore Generale della Science Foundation of Ireland.

Uno dei tanti momenti importanti verso il lancio di Horizon Europe è stato proprio il rinnovo, durante l’estate, dell’Advisory Board che affiancherà la Commissione nel progetto costitutivo dell’EIC. Negli auspici della Commissione, EIC dovrà essere organo di supporto di “innovatori, imprenditori, piccole e medie imprese, scienziati con idee ambiziose e la volontà di aprirsi ai mercati internazionali”. Di fatto EIC, nella sua configurazione pilota, già ora mette a sistema tutti gli strumenti di supporto finanziario, le attività di consulenza e networking che riguardano i temi di impresa che nasce dalla ricerca e dall’innovazione sui fondi europei.

Seguo da tempo le attività di ricerca di Verganti. Roberto ha avuto il merito, di associare, prima di tanti altri, concetti tipici del design industriale al management dell’innovazione.

Il suo libro “Design Driven Innovation” pubblicato dieci anni fa per Harvard Business Press, rimane ancora oggi un’ottima e attuale lettura.

Roberto è punto di riferimento su queste tematiche per studiosi e aziende in Italia e nel mondo. Ho interagito con Verganti nel corso dell’estate, e mi ha colpito la sua convinzione che dallo studio del design sia possibile trarre ispirazione per superare alcuni ostacoli che caratterizzano l’European Paradox: tanta buona ricerca europea che conduce però a poca innovazione breakthrough (capace cioè di imporsi come fonte di cambiamento di mercato).

Vero: l’Europa, a differenza degli Stati Uniti e della Cina, si presenta con un mercato interno estremamente frammentato, e questo è un grande svantaggio di partenza, ma esistono almeno due elementi, secondo Verganti, che possono essere presi in prestito dalla design driven innovation ed ispirare le politiche europee nel campo dell’innovazione.

Bisogna innanzitutto prestare particolare attenzione alla logica di creazione di mercato. È essenziale capire che un conto è un breakthrough scientifico, alla base dell’impianto di un’innovazione radicale, un’altra cosa è la breakthrough di mercato, condizione essenziale per un’innovazione disruptive.

Verganti è convinto che si possa identificare e presidiare meglio di quello che stiamo facendo ora, quelle che nei suoi articoli lui identifica come Technological Epiphanies: processi innovativi che partono da salti tecnologici, ma che hanno il potenziale di attivare dinamiche di mercato. Monitorare e affiancare queste dinamiche, vuol dire (necessariamente) abbandonare un’interpretazione lineare del percorso innovativo, in cui nuove tecnologie sostituiscono quelle vecchie per fare la stessa cosa di prima, meglio. Occorre invece “essere consapevoli che la tecnologia abilita spesso opportunità inattese, che nascono dalla combinazione di dinamiche sociali, di consumo, etc.

Attenzione – sottolinea Verganti – sono io stesso un ingegnere e non ripudio certo la tecnologia, ma è fondamentale che essa venga contestualizzata!”. Superare una concezione lineare delle politiche sull’innovazione, vuol dire abbandonare un approccio guidato dalla logica dell’avanzamento su TRL (Technology Readiness Level), secondo la quale “l’innovazione avviene innanzitutto con un progresso scientifico, poi tecnologico, a seguire ci sarà un prototipo…”.

Nel Design Thinking sono centrali i veloci round di progettazione, sperimentazione e analisi degli scostamenti, da cui all’improvviso può emergere la disruption che azzecca la combinazione tra modello di business, tecnologia e mercato.

Secondo aspetto di ispirazione nei lavori di Verganti è la centralità dell’innovatore.

In una politica per l’innovazione va sempre tenuto ben presente che a risolvere il rebus di una possibile integrazione tra tecnologia, modelli di business e mercato c’è un individuo, un gruppo di imprenditori e manager. Sono loro, con le risorse a disposizione e con i limiti che li caratterizzano, ad inventarsi una storia, un modello di business unico e difficilmente replicabile.

La ricerca di Verganti si è molto concentrata sul lato umano dei processi di innovazione.

“Possiamo predisporre tutti i tool che vogliamo, ma le breakthrough avvengono solamente quando si creano le condizioni per implementare la visione di un innovatore”.

Questo vale per il mondo delle start-up, ma vale anche per le PMI e le grandi aziende, dove a guidare i percorsi innovativi sono i ribelli che sanno sfruttare a loro vantaggio le possibilità che il loro contesto organizzativo offre.

Conciliare ribellione e struttura, ricerca e mercato, una sfida affasciante quella dell’EIC!

Forse la sfida più importante per scommettere ancora sul Vecchio Continente e sul sogno europeo è di rimanere una grande economia competitiva ed inclusiva. Eppure: in questi giorni di ampi dibattiti sull’Europa, di ricerca e innovazione si parla pochissimo: è addirittura sparita la parola “ricerca” nel titolo della delega al nuovo Commissario Marija Gabriel.

“Il dibattito sulle questioni EU è stato caratterizzato da altre emergenze, sostiene Verganti, come era inevitabile che fosse. Ma io sono ottimista sulla centralità della ricerca nella politica europea”.

Non può che essere così, vista l’importanza del budget di Horizon Europe: eredità importante della Commissione Juncker e del consenso che è riuscito a creare il Commissario Carlos Moedas sull’ampliamento del budget.

Roberto conferma il suo grande apprezzamento nei confronti del Commissario uscente: “Moedas è un politico che ascolta e sa valorizzare le idee degli esperti con cui interagisce.”

Prima di chiudere la nostra conversazione chiedo a Roberto quanto si sentirà di rappresentare il punto di vista dell’Italia. Verganti sottolinea che il mandato ricevuto lo porta a Bruxelles come esperto al servizio della Commissione, con l’obiettivo di far crescere l’Unione nel suo insieme: tanto più che da settembre Verganti opera presso la Stockholm School of Economics.

“Ciò detto conosco bene l’Italia e il suo ecosistema innovazione, ho collaborato con tante istituzioni ed aziende italiane: necessariamente il mio punto di vista è caratterizzato da questo vissuto.”

Inoltre, conclude Verganti “il confronto tra gli Italiani che interagiscono con Bruxelles è fondamentale. Il confronto tra due ricercatori come noi, che si trovano a vestire i panni dell’Advisor EIC e del Rappresentante Nazionale è senza dubbio una buona prassi da preservare nel tempo.”

Concordo!

 

Di Alberto Di Minin

Questo pezzo esce in contemporanea su Apre Magazine.