Open Innovation per categorizzare fenomeni già esistenti. Open Innovation per comprendere il ruolo delle PMI e delle startup. Open Innovation per sperimentare e analizzare i risultati. Questo blog ha dato grande spazio a questo concetto, interagendo con i protagonisti di un modo diverso di organizzare l’innovazione e lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e modelli di business. L’Open Innovation è un paradigma ormai noto, affermatosi da decenni, che insieme a tanti colleghi abbiamo avuto modo di analizzare. In Italia: insieme a Federico Frattini e Andrea Piccaluga, grazie all’esperienza e ai materiali raccolti negli anni da Giancarlo Michellone, già Presidente del Centro Ricerche FIAT, scrivemmo uno dei primi casi italiani, e probabilmente il più dettagliato, sulla transizione ad un sistema di innovazione aperta. In Europa: insieme ad esperti del Joint Research Center di Siviglia andammo a caccia di strategie di Open Innovation in decine di aziende europee.
Henry Chesbrough, classe 1956, esperto di management dell’innovazione, professore e direttore esecutivo del Garwood Center for Corporate Innovation | Open Innovation della UC Berkeley, è uno degli abituali protagonisti delle nostre Innovation Restart Chats organizzate dall’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna. Da anni Henry è vicino all’Italia, nel 2008 abbiamo tradotto in Italiano i suoi libri, corredandoli di tanti casi di studio di aziende italiane (se siete curiosi di conoscere quali furono le prime aziende italiane ad adottare il paradigma di Open Innovation.. affrettatevi, la seconda edizione di OPEN sta uscendo dalla distribuzione). In questi giorni Henry sta tornando in Italia, dopo un bel periodo di lontananza causa pandemia, alla LUISS, dove insegna Open Innovation con una cattedra a lui dedicata dalla Maire Tecnimont.
Chesbrough non si definisce il fondatore dell’Open Innovation, piuttosto, come colui che ha identificato e denominato un approccio già precedentemente adottato dalle aziende. Uno dei casi emblematici è quello di Procter & Gamble (P&G) che nel 2004 presentava una sezione interna identificata come “connect and develop”: un processo perfettamente funzionante ma difficile da comunicare e categorizzare sia internamente sia esternamente all’azienda. Il contributo dell’Open Innovation è stato fondamentale per definire un linguaggio ed un framework a pratiche aziendali già esistenti.
Opportunità per startup e PMI. Ascoltiamo sempre con piacere Henry Chesbrough affrontare una platea di manager e imprenditori, grandissima è la sua empatia e capacità di rendere semplici concetti molto contorti.. Uno dei consigli che gli abbiamo sentito dare ai CEO è quello “di imparare a ragionare come fanno gli ingegneri“. Tante delle tematiche e delle sfide aziendali, sostiene infatti Chesbrough… che ingegnere NON è… sono riconducibili al mondo dell’ingegneria, dove persiste il concetto di rumore e distrazione attorno ad un segnale, che rende difficile la percezione del segnale stesso e al contempo implica l’utilizzo di metodi e filtri per interpretare le informazioni recepite. “Nelle grandi aziende, le persone – sostiene il professore statunitense – filtrano le informazioni in modo da confermare/preservare il loro modello organizzativo, rimuovendo implicitamente ciò che è discordante con la loro logica predominante”. Proprio in questo contesto, sono le PMI e le startup, secondo Chesbrough, le imprese più capaci di riconoscere nuove opportunità, mentre le grandi aziende le vedono solamente attraverso i loro filtri. “Il rumore” dunque è spesso un disturbo conservativo, che sporca il segnale di cambiamento, il potenziale di innovazione, che arriva dall’esterno (o magari anche dall’interno). Gestire questo rumore, riconoscendone l’esistenza, capendone il ruolo, ma limitandone l’impatto, garantisce all’azienda di sviluppare quelle capacità adattive necessarie ad affrontare le sfide di un mondo che cambia in continuazione.
Analizzare i risultati. Altro punto su cui Chesbrough sta insistendo molto è il fallimento. Secondo il professore è necessario analizzare i casi di fallimento per capire quale sia la vera essenza di un approccio di Open Innovation. Se nel 2003, all’intero del suo libro “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology” Chesbrough definiva per la prima volta il concetto di innovazione aperta proprio analizzando un caso di fallimento, cioè quello dello Xerox PARC, ancora oggi Henry riflette sulle condizioni che limitano l’Open Innovation e che portano una strategia di apertura a fallire. “C’è bisogno di più casi di studio, c’è bisogno di più manager che con umiltà e generosità ci illustrino le lezioni apprese dai loro fallimenti”.
Ma esistono delle best practice da seguire per evitarli questi fallimenti? Secondo Chesbrough “non ci si può affidare ad una singola best practice. Per continuare ad innovare, secondo un approccio di Open Innovation, è necessario sviluppare in anticipo un mindset chiaro, controllare i risultati e condividerli, mantenendo l’organizzazione attiva in uno scenario in continua evoluzione”.
Sperimentazione. E allora, come possono le organizzazioni rispondere, difendersi ed adattarsi? “Sperimentando” – dichiara Chesbrough. “Viviamo in un ambiente VUCA (Volatile, Uncertain, Complex and Ambiguous) nel quale le grandi aziende rischiano di essere troppo focalizzate nelle loro core activities, non dedicando quindi le giuste risorse per sperimentare business futuri”. E continua, “sperimentare con clienti, partners, startups, tramite l’organizzazione di hackaton, è un processo di effettuazione, seguito da una necessaria analisi dei risultati ottenuti. I feedback derivanti dall’analisi permettono all’organizzazione di dare una direzione alle proprie attività”.
C’è ancora tanto da capire sull’Open Innovation, paradigma organizzativo e strategico utilissimo anche nell’organizzazione di tante attività aziendali in questi momenti di ripartenza, come sottolinea in un recente articolo Chesbrough. Non possiamo dirci soddisfatti di quello che sappiamo. Ecco perché, dopo il suo periodo romano, Chesbrough proseguirà per Eindhoven per l’ottavo incontro dell’annuale World Open Innovation Conference, evento imperdibile per gli studiosi e gli appassionati del tema. Ci saremo anche noi e le iscrizioni sono ancora aperte!
Di Alberto Di Minin e Laura De Bortoli