Arte e tecnologia possono parlarsi, capirsi, intrecciarsi, e muoversi nella stessa direzione per favorire lo sviluppo economico di un Paese. Tramite la bellezza dell’arte, e la concretezza “scientifica” della tecnologia, aziende, professionisti, professori, studenti, policy makers, possono investire le proprie risorse e la capacità acquisite non solo per creare qualcosa di bello e di unico, ma anche, tramite la conservazione e tutela delle opere passate, reinventare la fruizione di contenuti e allargare la platea di fruitori globali.
Da non perdere per capire quanto arte e tecnologia possano andare a braccetto e creare opportunità di sviluppo è a nostro avviso il nuovo rapporto della Fondazione COTEC intitolato “La tecnologia incontra l’arte”. Un report approfondito che tratta delle relazioni tra Industrie Creative e Culturali (CCI) e restanti settori economici, loro effetti sinergici e potenziali vantaggi competitivi.
La Fondazione, istituita nel 2001 con l’obiettivo di rafforzare la competitività tecnologica dell’economia italiana, in sinergia con la Fundacion Cotec spagnola e Associação Cotec portoghese, organizza ogni anno un Simposio Cotec Europa di grande prestigio, che vede il coinvolgimento dei Capi di Stato dei tre Paesi, in qualità di Presidenti onorari delle tre Cotec. L’appuntamento dell’anno scorso era incentrato sul capitale intangibile e si era tenuto in Spagna (qui trovate le nostre impressioni sul rapporto presentato allora). Domani inizia invece l’evento 2022 a Braga in Portogallo, il cui obiettivo è nuovamente quello di mettere al corrente i tre Capi di Stato coinvolti dell’avanzamento dell’innovazione nei singoli paesi.
Abbiamo intervistato per l’occasione il Professor Luigi Nicolais, Presidente di COTEC Italia e protagonista della ricerca e delle politiche dell’innovazione in Italia. Nicolais è stato Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione dal maggio 2006 al maggio 2008 nel secondo governo Prodi, e Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche dal febbraio 2012 al febbraio 2016.
Cultura, turismo, innovazione, nuove tecnologie: come questo mix creativo può essere determinante e giocare un ruolo chiave per lo sviluppo dell’Italia?
Ritengo che il momento sia estremamente propizio per l’Italia creativa: ci troviamo in un periodo storico in cui nuove tecnologie possono valorizzare e aumentare la possibile fruizione dei bene artistici italiani ed esaltare la creatività del nostro Paese. In questo senso, la tecnologia può aumentare fortemente il potenziale anche educativo del Paese, perché permette alle aziende e alle istituzioni di raggiungere settori e luoghi in cui normalmente l’arte era lontana.
A Braga, andremo a presentare le capacità che abbiamo in Italia di produrre e di avere un ruolo creativo nella moda, nel design, ma anche nel settore del food, e discuteremo di come, grazie alle nuove tecnologie, disponiamo di una rinnovata chance di far conoscere le nostre opere a sempre più fruitori globali. L’intreccio cooperativo tra nuove tecnologie e capacità e creazioni artistiche rappresenta una grande opportunità per un Paese come l’Italia che è già una potenza culturale: si pensi al numero di siti UNESCO materiali e alla lista di patrimoni culturali immateriali presenti nel nostro paese, come ad esempio la dieta mediterranea, che possono essere valorizzate dalle nuove tecnologie.
Quanto è importante l’innovazione tecnologica nelle industrie creative?
Un esempio di cooperazione di successo tra arte e tecnologia è quello della conservazione e del restauro dei beni culturali. Esistono in questo ambito delle competenze scientifiche alla base sempre più importanti, qualcosa che solo cinquant’anni fa sarebbe stato impossibile immaginare. In questo settore sono coinvolte molte “scienze dure”, come la chimica e la fisica, ma anche tutta la parte relativa all’ingegneria. Si assiste a “un mondo tecnico scientifico” che si affianca a un mondo culturale e in qualche modo lo rende vivo e capace di innovarsi.
L’innovazione tecnologica gioca un ruolo anche nella rinnovata fruizione dell’oggetto o opera artistica. L’innovazione può determinare un miglioramento della fruibilità e della condivisione del bene culturale. In un mondo fortemente digitalizzato, un giapponese che intende visitare Napoli e vedere un’opera d’arte molto spesso si prepara prima di viaggiare, vuole visualizzarla nel proprio paese tramite le tecnologie e successivamente vivere l’esperienza unica e irripetibile di fruizione nel luogo dove è stata realizzata.
Basti pensare poi ai settori del design, della moda, della produzione artigiana: il digitale diventa un elemento centrale e porta vantaggi ai produttori e agli artisti quando è possibile “virtualizzare” un oggetto e rendersi conto di come questo oggetto sia potenzialmente accettabile da eventuali clienti. Nell’interazione costante tra virtualizzazione e processo di realizzazione, abbiamo da un lato si verifica una digital innovation, dall’altro si sviluppa la tech innovation con l’uso di materiali innovativi.
Nella conservazione, così come nella fruizione, la chiave è a mio avviso l’interazione costante di saperi positivi, quella che una volta si chiamava interdisciplinarietà e che veniva definita come una “generalizzazione” del sapere. Oggi è un’interazione di saperi che vengono da esperti. È l’esperto che deve saper interloquire con altri esperti, in settori totalmente diversi, in modo tale da trasferire il meglio e riuscire a ottenere un risultato innovativo.
In questo contesto, quale può essere il ruolo delle imprese?
Credo che proprio le imprese siano le prime ad avvantaggiarsi di questo nuovo e consolidato sistema digitale. L’internet of things, l’utilizzo di big data e dell’intelligenza artificiale, sono tecnologie che le imprese utilizzano continuamente per la digitalizzazione dei prodotti, per ottenere sempre più informazioni in tempo reale.
La transizione digitale nell’arte sta già portando a risultati interessanti. Pensiamo ad esempio, nel mondo della moda, alla sempre maggiore diffusione delle sfilate virtuali.
Come può il sistema scolastico ed universitario italiano attrezzarsi per formare i giovani in un contesto in mutamento?
La scuola del diciannovesimo e del ventesimo secolo ha incentrato i suoi insegnamenti sulla tecnologia della carta e della penna: tecnologie che saranno totalmente sostituite dal digitale. La scuola del ventunesimo secolo deve far sì che i giovani arrivino all’università e al mondo del lavoro già sufficientemente rodati nei confronti della tecnologia digitale.
Proseguendo negli studi, penso che alcune delle materie che oggi riteniamo specifiche degli ingegneri dovranno essere insegnate anche agli umanisti. A un futuro medico dovremo spiegare l’utilizzo di una particolare app, offrirgli un corso di big data analysis, e di intelligenza artificiale. Al contempo, per diventare artisti non basta possedere la tecnica e la creatività necessarie per produrre arte. È necessario anche capire quanto la tecnologia ci può permettere di migliorare sia il nostro modo di realizzare l’opera d’arte che migliorare il processo creativo.
Ci stiamo provando anche a Pisa. L’istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna fa parte da qualche anno del progetto europeo Erasmus+ “ArtIST” , che mira a progettare e implementare moduli innovativi di livello Master che integrino le arti nell’insegnamento dell’’innovazione, imprenditorialità e materie scientifiche. In particolare, il nostro team sta lavorando, insieme agli altri sei partner europei che ci affiancano in questa avventura, alla “Pisa ArtIST Summer School”: si tratta di una settimana intensiva di lezioni frontali, eventi, visite ad aziende, workshop e momenti ludici che si terrà dal 12 al 18 Settembre 2022.
Di Alberto Di Minin e Marco Bonaglia