Programmi pre-seed come ponte tra ricerca e aziende

Tra le grandi sfide aperte quando si parla di trasferimento tecnologico, una questione fondamentale rimane quella di accompagnare le invenzioni sviluppate all’interno dei laboratori al di fuori delle mura delle università e dei vari enti pubblici di ricerca. Parliamo di un vero e proprio gap tra il punto in cui finiscono i finanziamenti della ricerca pubblica e dove dovrebbero iniziare gli investimenti dei privati per portare le invenzioni a essere commercializzate e avere un impatto nella società. La maggior parte delle attività di ricerca accademica non è in grado di portare allo sviluppo di soluzioni con un livello di maturità tecnologica tale da permetterne una valorizzazione industriale.  Maturità che viene misurata con la scala del TRL (Technology Readiness Level). TRL 1-3 “Ricerca”; TRL 4-6 “Sviluppo”; TRL 7-9 “Applicazione”.   In media, circa il 75% delle invenzioni non vede un’applicazione sul mercato, si ferma cioè a TRL 3 (sviluppo di sperimento scientifico) o magari  fino a TRL 6 (validazione tecnologica in ambiente reale). In certi casi è giusto così: non tutta la ricerca deve produrre dirette applicazioni industriali. In altri casi invece il mancato trasferimento al mercato va a ridurre in maniera significativa l’impatto che la ricerca pubblica potrebbe avere sulla società. Si tratta dunque di un potenziale che non viene realizzato.

Tra le diverse barriere che vanno a inibire il processo di valorizzazione, e il passaggio a TRL 7-9,  molto spesso non troviamo solo la mancanza di risorse disponibili a supporto di questi processi, ma anche la presenza di asimmetrie informative tra università e imprese, nonché l’assenza di vere e proprie competenze manageriali e comunicative tra i ricercatori che si rapportano con l’ambiente esterno. 

Considerando le varie soluzioni messe in campo per ovviare questo problema, un ruolo fondamentale è quello dei finanziamenti Proof-of-Concept (PoC). Sono programmi pre-seed pensati da aziende, fondi di investimento, oppure sviluppati da università ed enti pubblici di ricerca con risorse interne o nel contesto di investimenti pubblici e privati per finanziare progetti di ricerca ad alto impatto. 

A partire dall’esperienza americana, i PoC si caratterizzano per la capacità di combinare risorse economiche a competenze commerciali e training specifici nei primi stadi di sviluppo di una tecnologia. Il fine ultimo è quello di supportare gli inventori nelle fasi di avanzamento delle soluzioni nate nei loro laboratori. I PoC ne convalidano la maturità tecnologica e avviano il processo di prototipazione, avvicinando sempre più al mercato queste soluzioni. 

Questi finanziamenti nascono dalla necessità di alimentare la pipeline dell’innovazione sin dall’inizio, ancora prima degli investimenti seed. In questo modo, i ricercatori sono aiutati nell’attività imprenditoriale ben prima del primo miglio, accompagnando gli step richiesti nel processo di transizione da invenzioni accademiche ad applicazioni industriali. Con i fondi PoC, i ricercatori hanno modo di dimostrare la validità ed il funzionamento sul mercato della loro invenzione, restringendo il campo attorno a specifici target di valorizzazione e facendo crescere le opportunità all’interno del proprio network. 

Assieme alle risorse finanziarie, i ricercatori sono guidati nella programmazione delle attività di valorizzazione, in particolare sul piano commerciale. È in questa fase che solitamente si esce dalla dimensione della ricerca in senso stretto, considerando elementi come l’allocazione di budget e tempo per lo sviluppo di un team più eterogeneo e di tutta una serie di attività volte al coinvolgimento di stakeholder dall’ambiente esterno. Si tratta di aspetti che presentano una certa rilevanza sin dai primi passi del progetto per identificare le opportunità del mercato e definirne la sostenibilità e la continuità lungo le diverse fasi. 

Ma a che punto siamo in Italia? Sebbene sul piano internazionale i programmi PoC abbiano visto una larga diffusione a livello di politiche pubbliche, basti pensare alla U.S. Startup Initiative promossa in America nel 2011, al framework Europeo di Horizon 2020 con le borse ERC e le iniziative EIC attive dal 2013, alla Ucsf nel Regno Unito o al Tnufa Incentive Program in Israele, il fenomeno dei PoC in Italia risulta relativamente recente e particolarmente variegato. 

L’ingente numero di finanziamenti su questo piano e le diverse applicazioni di progettualità PoC per la valorizzazione degli asset della ricerca pubblica vanno a delineare un vero e proprio ecosistema dell’innovazione tutto italiano. Da programmi interni finanziati da singole università, come il Politecnico di Torino o l’Alma Mater Studiorum di Bologna, a ingenti finanziamenti pubblici, come i 5,3 milioni di euro del bando PoC Uibm realizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico che sta vedendo la valorizzazione di più di 150 brevetti, passando per una rete di fondi di investimento privati, quello dei PoC in Italia rimane un mondo tutto da scoprire.

Inizia ora e continua nelle prossime settimane su questo blog oltre che sulle colonne domenicali di Nòva de Il Sole 24 Ore, un viaggio alla scoperta delle diverse iniziative italiane per il finanziamento dei Proof of Concepts.

Di Alberto Di Minin e Giovanni Tolin