Italo Calvino diceva che «scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che venga poi scoperto», ed è con questa sua citazione che si chiude “L’innovatore rampante”, il libro di Andrea Prencipe, rettore della LUISS, e Massimo Sideri, editorialista del Corriere della Sera, appena pubblicato da Luiss University Press.
Dai “Six Memos for the next millennium” diventate poi le famosissime “Lezioni americane” di Calvino trae infatti ispirazione il testo di Prencipe e Sileri, entrambi mossi dalla passione verso lo scrittore e dalla voglia di capire cosa egli abbia da insegnare oggi a chi volesse leggerlo con le lenti di chi osserva l’innovazione.
La prima lezione trovata dagli autori consiste in quello che hanno definito “Metodo Calvino”, ossia la necessità di esprimere un concetto accompagnandolo sempre al suo opposto (tema che anche a noi sta piuttosto a cuore). Non a caso lo scrittore parla di gravità nella sua lezione sulla leggerezza, quando illustra la rapidità l’accosta alla lentezza, e così via, mostrando quanto possa essere generativo procedere per concetti apparentemente ossimorici.
Traslata oggi e applicata al campo dell’innovazione, questa lezione ci insegna l’importanza di fondere campi del sapere distinti e lontani per arrivare a creare soluzioni nuove. Se come dice Calvino, “la fantasia è un posto dove ci piove dentro” e l’immaginazione un “repertorio del potenziale”, non siamo allora tanto lontani da quello che diceva Henry Ford («Se avessi dovuto seguire quello che chiedevano i miei consumatori avrei dovuto produrre carrozze più veloci, non automobili») e dalla teoria elaborata da Sara Sarasvathy nel 2008 per illustrare il processo decisionale degli imprenditori. La sua teoria dell’effettuazione si pone in contrasto con le teorie causali dell’imprenditoria, e considera gli imprenditori non come capitani guidati da nessi causali alla volta di obiettivi – a volte visionari – ma come “navigatori nel repertorio delle opportunità”, che essi trasformano in realtà attraverso un continuo riscontro con i fatti. Ecco allora che per tali navigatori il muscolo dell’immaginazione diventa importante tanto quanto quello della conoscenza: un muscolo che va allenato tenendo uniti saperi distinti e rivelando di riflesso l’attuale complementarietà di questi.
Tornando alla citazione di apertura, una delle cose più belle quando si legge è proprio il piacere della scoperta. Nel libro di Prencipe e Sideri a questo piacere se ne aggiunge un altro, quello della sorpresa: affrontare le pagine convinti di approfondire l’argomento dell’innovazione, come in questo caso, e trovare invece lungo la strada tante piccole gemme di sapere e curiosità, che senza dubbio conducono all’approfondimento ricercato, ma lo fanno rendendo prezioso e stimolante il percorso che a esso conduce.
In questo modo, già dalle prime pagine del libro, scopriamo il legame tra Cupertino, dove Steve Jobs ha fondato Apple, con un santo pugliese vissuto nel 1600 e finito davanti all’inquisizione perché sapeva volare. Poco dopo, incappiamo nei dipnoi, «pesci capaci di ibernarsi nel fango per anni, in attesa della pioggia». Più avanti ancora scopriamo come il medico scozzese James Lind abbia lavorato al suo studio sullo scorbuto e poi quale sia l’aneddoto che ha dato origine al detto “l’uovo di Colombo”. Agli autori i dipnoi hanno ricordato alcuni investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione rimasti per anni sepolti nel fango e poi rinvigoriti dalla pioggia degli eventi (il caso citato nel libro è quello dei risultati ottenuti con i supercomputer del Cineca e il software Exscalate4CoV, che hanno permesso di individuare un farmaco generico per l’osteoporosi contenente una molecola efficace nel ridurre la replicazione virale del Sars-Cov-2). Per scoprire invece quale sia il legame tra le altre solleticanti informazioni e gli insegnamenti che Calvino può dare oggi a chi voglia lavorare per l’innovazione, vi rimandiamo alla lettura di questo libro breve e al tempo stesso ricchissimo che è “L’innovatore rampante”.
A tutti, inoltre, suggeriamo il “Metodo Prencipe-Sideri”: leggiamo di più, cerchiamo ispirazione lontano dalla nostra comfort zone. Più giornalisti, dirigenti ed economisti dovrebbero avere nelle loro corde la voglia e la capacità di scrivere libri come questo, dove con scioltezza gli autori sono riusciti a trovare ispirazioni sia da grandi teorici del management, come Pavitt e Christensen, sia da punti di riferimento della letteratura mondiale, come Wilde, Rodari o Calvino.
Nel corso della presentazione del libro alla Scuola Sant’Anna di Pisa – dove ha frequentato il Master in Management dell’Innovazione – Andrea Prencipe ha sottolineato che riuscire a fondere insieme ispirazioni umanistiche con competenze professionali fa parte del nostro essere innovatori italiani. Siamo d’accordo, e si tratta anche di un patrimonio culturale da coltivare e incentivare.
Di Alberto Di Minin e Norma Rosso