Venti settimane per risolvere un problema in modo sostenibile, tecnologico e disruptive

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Immaginate di essere in un percorso di dottorato, o frequentare un corso MBA, e di avere 20 settimane per trovare una risposta sostenibile, tecnologica e disruptive a una di queste domande. Se la cosa vi solletica e avete l’età giusta, potreste essere i prossimi partecipanti di Innovation 4 Change, il programma di Impact Innovation organizzato dal Collège des Ingénieurs Italia, CERN IdeaSquare e il Politecnico di Torino. L’idea, perfettamente in linea con le strategie di open innovation, è questa: una serie di grandi aziende propongono un problema, proprio come le domande come avete letto all’inizio; per risolverlo, non cercano una soluzione all’interno della loro organizzazione, ma lavorano insieme al talento giovane, competente e diffuso che I4C aggrega, costituendo insieme a tali giovani dei team di lavoro.

La settima edizione si è chiusa lunedì 27 giugno a Torino, con la presentazione delle soluzioni trovate dai dieci team. I problemi, portati dalle grandi aziende sono stati i seguenti. Grimaldi e Ferrovie dello Stato hanno portato sfide incentrate sul riutilizzo e la gestione dei rifiuti. Snam e TELT si sono focalizzate su come preservare il territorio durante la costruzione di opere infrastrutturali. Movyon – Gruppo Autostrade per l’Italia e il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili hanno lanciato sfide legate al rendere più sostenibile il modo in cui ci muoviamo. CNH Industrial si è concentrata sul benessere dei lavoratori nei campi agricoli, mentre DSM sul benessere degli animali negli allevamenti. Rai Way ha portato una sfida sull’interazione tra televisione e il mondo del gaming, e infine UNICRI ha proposto una sfida sul contrasto allo sfruttamento e abuso dei minori online. Il vincitore di questa edizione è stato il gruppo giovani aggregato da Ferrovie dello Stato Italiano, con il suo sistema di trasformazione dei rifiuti Greensect. Il secondo posto è stato assegnato al Team UNICRI, mentre il terzo posto a parimerito spetta al Team Movyon e al Team CNH Industrial. 

Come dicevamo all’inizio, il programma I4C è un concentrato di open innovation applicata: parte da problematiche concrete poste dalle aziende e si basa su un approccio multidisciplinare nel quale partecipanti all’MBA del Collège des Ingénieurs si trovano a lavorare in team con dottorandi provenienti dalle migliori università europee, tra le quali il Politecnico di Torino, il CERN, la Scuola Normale Superiore, l’UPC di Barcellona e l’EPFL di Losanna. Questi team sono anche affiancati da narratori della Scuola Holden fondata da Alessandro Baricco. 

20 settimane di sviluppo, 20 mesi di strategia di entrata nel mercato e 20 anni di visione e di impatto a lungo termine: venti è un numero importante, che torna ed esemplifica bene la visione di I4C. L’idea alla base del progetto non è infatti quella di trovare soluzioni nel minor tempo possibile, ma di formare i ricercatori affinché siano capaci di pensare e immaginare soluzioni innovative di ampio respiro, in grado di risolvere problemi complessi, da affrontare con tempo e riflessione. Un percorso sfidante, come ci ha raccontato Emilio Paolucci, responsabile del progetto per il Politecnico di Torino, di cui però tutti i partecipanti sono soddisfatti, apprezzandone sia l’aspetto concreto, sia il mutamento che genera in loro rendendoli ricercatori più capaci.

E se come dice Paolucci, non si può fare innovazione senza persone che scovino e migliorino il proprio talento, un altro elemento imprescindibile è la contaminazione. Silvia Petocchi, CEO di CDI Italia, ci ha parlato a tal proposito dell’importanza dell’interdisciplinarità, data non solo dalla collaborazione tra istituzioni diverse, ma anche tra persone che hanno background e orientamenti differenti: il mindset e la loro capacità di guardare a un orizzonte lontano e sfidante propria dei fisici del Cern; la visione scientifica dei ricercatori che aggiungono alla loro formazione una visione di business; la dimensione della fruizione delle invenzioni portata dai designer; e la competenza degli storyteller che mostrano come tradurre una soluzione tecnologica in qualcosa che si possa raccontare suscitando il coinvolgimento dell’altro.

​​Come ha detto Petocchi in apertura dei lavori di lunedì, I4C è oggi un programma modello per l’Italia, del quale si iniziano a vedere gli effetti frutto delle edizioni precedenti. Per il futuro, l’obiettivo è quello di crescere: essere più internazionali, creare più collaborazioni con le istituzioni, e aprire il programma a partecipanti con diversi background, non solo scientifici ma anche umanistici. Un discorso che torna spesso su questo blog e al quale fa piacere dare forza e voce. 

Di Alberto Di Minin e Norma Rosso