#China Issues con Gianluigi Negro – Media e contraddizioni della società cinese

Il primo marzo abbiamo avuto il piacere di ospitare al corso di China Issues Gianluigi Negro, Professore associato di lingua e traduzione cinese dell’Università di Siena. Le sue ricerche vertono sulla storia dei media in Cina e la internet governance,  e in passato è stato stato research fellow presso gli Istituti di giornalismo e comunicazione della Peking University, della Tsinghua University e del China Media Observatory dell’Università della Svizzera italiana. Il suo intervento si è focalizzato sui media cinesi e il loro ruolo nella società cinese contemporanea. 

Qual è il panorama dei media in Cina? 

Definire il panorama mediale di un Paese è una sfida complessa e articolata. Il sistema dei media nella RPC ha tuttavia delle caratteristiche ben precise, dal momento che i media tradizionali come radio, giornali e televisioni sono sempre stati quasi direttamente gestiti dal dipartimento centrale di propaganda 中共中央宣传. L’agenzia di stampa Nuova Cina (Xinhua) e il Quotidiano del Popolo sono tutt’oggi gestiti direttamente dal PCC. Tra la fine degli anni Ottanta e il primo decennio degli anni Duemila si è registrata un’importante apertura sia in termini di diversificazione dell’offerta che in termini di contenuti. Si tratta di uno scenario principalmente giustificato dalle politiche di riforma economica che di fatto hanno accompagnato anche la crescita dell’industria dei nuovi media. In termini generali, l’intero sistema dei media è soggetto a un notevole controllo statale, la cui azione non è circoscritta ai contenuti editoriali ma si estende anche alla governance economica. In effetti dal 2008 ad oggi, i media in Cina sono considerati elementi trainanti dell’industria culturale e creativa arrivata ad avere un impatto economico pari al 4.4% del prodotto interno lordo nel 2022, un dato sicuramente rilevante dal momento che si è passati da un valore di 1.10 trilione del 2010 a 5.37 trilioni di yuan nel 2022. 

L’ultima considerazione in merito ai media cinesi è invece relativa alla loro dimensione globale con particolare riferimento all’industria digitale. Allo stato attuale, tra le dieci aziende con i più alti profitti al mondo cinque sono statunitensi, cinque cinesi (JD, Alibaba, Tencent, Bytedence e Meituan). Alcune di esse hanno iniziato da qualche anno a promuovere i propri servizi anche fuori dai confini nazionali con importanti risultati come testimoniato ad esempio dal successo di TikTok (di proprietà di Bytedance), nel 2023 la seconda app più scaricata al mondo dopo Instagram.   

Che spazio c’è per la stampa straniera in Cina? 

In termini assoluti, lo spazio è molto limitato. L’accesso alla stampa estera e ai programmi televisivi stranieri è generalmente molto difficile. Va comunque rilevato che con l’avvento di Internet e nonostante l’attività censoria, i cittadini cinesi hanno un accesso all’informazione molto più variegata rispetto a qualche decennio fa. L’accesso ad informazione straniera è inoltre tecnicamente possibile attraverso dei virtual private networks (VPN). Fino a qualche anno fa, era inoltre possibile accedere alla versione in cinese di alcuni media internazionali, tra cui il New York Times, il Wall Street Journal, il Financial Times, la BBC, Reuters e Forbes. Ad ogni modo, in termini generali, dopo l’insediamento di Xi Jinping, le condizioni di lavoro dei corrispondenti nella Rpc sono rese difficoltose a causa di un accesso più ristretto alle fonti primarie e degli iter sempre più articolati e tortuosi per l’ottenimento dei visti. Tra le varie cause di questo fenomeno vi è sicuramente l’effetto della così detta “primavera araba” alla fine del 2010 che ha, tra le altre cose, provocato anche una stretta in merito ai contenuti social prodotti sulle stesse piattaforme cinesi. Negli ultimi anni, gli uffici di rappresentanza di molte testate internazionali sono stati spostati in altre città asiatiche complicando ulteriormente il rapporto tra stampa straniera e Cina. Nonostante le crescenti difficoltà e le divergenze relative agli standard internazionali, un rapporto del Foreign Correspondents’ Club of China pubblicato lo scorso aprile rilevava un miglioramento delle condizioni dei giornalisti stranieri in Cina. 

In che modo le contraddizioni nella società cinese hanno modo di emergere nel dibattito nazionale?

I nuovi media, seppur sempre più regolamentati, continuano ad offrire uno spazio di espressione molto rilevante; non a caso uno dei filoni recentemente più studiati nel campo dei Chinese internet studies è quello del folklore digitale: un’espressione comunicativa dal basso facilitata dalle piattaforme digitali e resa fruibile attraverso la riproposizione di video, meme, ritocchi fotografici etc. Uno degli esempi più recenti in tal senso è rintracciabile nel neologismo “tangping” (躺平). Lanciato nel 2021 e inizialmente usato come hashtag per esprimere la propria volontà di “stare sdraiati” come reazione rispetto alle richieste di una società sempre più consumista o di opporsi ad un mercato del lavoro sempre più competitivo, il fenomeno del  “tangping” (躺平) ha gettato le basi per una riflessione più articolata che è ripresa da diversi quotidiani e settimanali cinesi come Caixin e il Guangming Daily, coinvolgendo diversi intellettuali cinesi chiamati a riflettere sul rischio di un’involuzione (内卷) delle giovani generazioni cinesi. 

Un secondo esempio è costituto dai minidrammi (短剧), serie TV online originali e distribuite su canali social come Douyin e Wechat e i cui episodi durano dai tre ai cinque minuti. Una delle produzioni più apprezzate dal pubblico è stata “I became a stepmother in the 1980s” (我在八零年代当后妈), pubblicata nel corso dell’ultimo Capodanno cinese. La serie si basa sulla storia di una studentessa che intraprende un viaggio del tempo che la riporta negli anni Ottanta e che è alle prese con un divorzio e due figli da gestire. Le difficoltà affrontate della protagonista mettono in luce una serie di conflitti familiari e pressioni della società ancora vigenti nella Cina contemporanea. L’apprezzamento per questo nuovo esperimento mediale non è ristretto alle recensioni online pubblicate principalmente da un pubblico giovane, ma è riscontrabile anche in termini economici, come dimostrano gli oltre 20 milioni di yuan ottenuti dalle inserzioni pubblicitarie.    

Di Alberto Di Minin e Filippo Fasulo