Un’Anteprima su Industria 4.0. Il Forum Ambrosetti al Sant’Anna

Il termine “industria 4.0” è ormai entrato nel lessico corrente dei media. Lo scorso 21 settembre il Governo ha lanciato il Piano Nazionale di sviluppo industriale, finalizzato a stimolare lo sviluppo di infrastrutture e competenze adatte all’evoluzione dei sistemi produttivi per il potenziamento e il mantenimento della competitività nel breve e nel lungo periodo. Da questo punto di vista l’avvento della Industria 4.0 si prefigura come una Quarta Rivoluzione Industriale, nella quale l’Internet of Things (IoT, la connessione tra sistemi fisici e digitali), l’analisi dei Big Data e l’adattamento real-time dei processi produttivi saranno al centro del sistema economico e diverranno i principali canali di cambiamento e di influenza sugli stili di vita della società civile nel suo complesso. Il Piano del Governo, che ha individuato PMI e centri universitari e di ricerca come fattori fondamentali per il processo di re-industrializzazione, mira ad intervenire con azioni orizzontali, anziché verticali o settoriali, potenziando i “fattori abilitanti” sia con l’incentivazione di investimenti privati in tecnologie avanzate (tramite meccanismi come super- e iper-ammortamenti), sia con l’espansione del finanziamento pubblico per la promozione dei migliori centri di produzione scientifica quali Competence Center di punta; l’intento è inoltre quello di fornire mezzi per il rafforzamento del Venture Capital (VC) come di sistemi di incubazione per le startup italiane.

È in questo clima che si inserisce l’Anteprima del Technology Forum 2017 di The European House Ambrosetti: l’evento, organizzato presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha riunito esperti e professionisti allo scopo di discutere quali siano gli aspetti più ostici del processo di implementazione del piano e di transizione.

Il convegno si è strutturato su quattro nuclei tematici, discussi da speakers provenienti dal mondo industriale e accademico, andando a sviscerare i concetti di ‘ecosistema’, di ‘business model’ e di management per l’innovazione e i fattori critici per facilitare trasferimento tecnologico e open innovation.

Tra i relatori: Pierdomenico Perata, Rettore della Scuola Superiore Sant’Anna, Maria Chiara Carrozza, Parlamentare e Professoressa di Industrial Bioengineering alla Scuola, Christopher Tucci, Direttore al College of Management of Technology di Losanna (EPFL), Antonio Carbone, National Contact Point APRE (Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea), Benjamin Jolivet (Citrix Italia), Lucia Chierchia (Electrolux Open Innovation), Marco Spinetto (Pirelli Tyre), Alessandro Pane (Ericsson), Emanuele Guglielmino  (Advanced Microturbines) e Bernardo Magnani (Ekymed).

Cinque punti principali sono emersi nel corso del dibattito.

#1 La ricerca italiana ha le armi giuste per sostenere ed essere driver per la transizione

Grafici alla mano e forte dell’ottimo piazzamento nei ranking internazionali della sua istituzione, il Rettore del Sant’Anna Pierdomenico Perata ha illustrato come i ricercatori italiani, sebbene poco numerosi rispetto ad altri Paesi, si dimostrino in grado di raggiungere tassi molto alti di produttività e di qualità nella loro attività scientifica (l’argomento era già stato trattato in uno degli scorsi articoli di #Fuoriclasse). I centri universitari italiani possono dunque, e a pieno titolo, rispondere alla sfida per la Quarta Rivoluzione Industriale; anzi, essi possono agevolarla lavorando a fianco delle aziende, applicando l’approccio scientifico-accademico per fornire soluzioni organizzative e produttive. Le aziende presenti hanno fatto eco a questo aspetto sottolineando la buona volontà dei ricercatori italiani che sempre più spesso si traduce in valore utile (anche) per l’industria.

#2 la necessità di un linguaggio comune.

Nel disegno strategico del MISE c’è l’ambizione che i Competence Center siano ben diversi dai Centri di Ricerca (magari loro vicini di casa..) e debbano adoperarsi per incentivare al massimo gli scambi di conoscenza tra questi ultimi e il mondo imprenditoriale-industriale. Sempre a proposito dell’interazione tra universo industriale e ambienti accademici, la Prof.ssa Maria Chiara Carrozza ha sottolineato come sia fondamentale creare un linguaggio comune tra accademia e industria, anche su elementi non scontati.
Fondamentale è facilitare, nella carriera di ricercatori e manager, i movimenti diagonali, incentivando cioè quelle promozioni che prevedono anche un passaggio ad altri ambiti professionali in cui siano riconosciute e valorizzate le esperienze precedentemente accumulate. Questo punto è molto importante: in un mercato del lavoro votato al trasferimento di tecnologie e competenze l’esperienza di un ricercatore universitario che operi nell’ambito della fisica o dell’ingegneria dovrebbe trovare riconoscimento in altri settori professionali: ad esempio presso uno studio di consulenza o in un’azienda manifatturiera. Allo stesso modo anche il lavoro svolto in ambito industriale dovrebbe essere valorizzato in contesti di ricerca. Raggiungere questi obiettivi esige regole di gestione del turnover e programmi di formazione continua che considerino i cambi di settore come elementi altamente qualificanti di un curriculum e non solo episodi residuali in una carriera di successo.

#3 la digitalizzazione come volano di un nuovo trattato europeo?

Nell’ambito della ricorrenza dei Trattati di Roma si è anche celebrato il Digital Day in Europe: un’occasione per riprendere il filo, smarrito dopo i propositi dell’Accordo di Lisbona del 2000, per il rilancio industriale del continente da attuare nel segno dell’integrazione tra manifattura e digitale, per affermare (contro tutti i populismi) che l’Europa potrà essere ancora competitiva ed inclusiva. A tal riguardo, l’accordo siglato per lo sviluppo del Super Computing è un primo passo importante. La condivisione di un obiettivo industriale chiaro è  un passaggio fondamentaleanche per l’Italia e deve essere al centro di una incentivazione allo sviluppo di partnership pubblico-private.

#4 Caccia aperta ai nuovi modelli di business

Christopher Tucci, uno dei massimi esperti delle teorie di corporate strategy, ha condensato nel poco tempo messo a disposizione dalla severa agenda del Forum Ambrosetti una splendida lezione sull’innovazione dei modelli di business. Sono tanti i cambiamenti di cultura aziendale che le imprese, soprattutto quelle più piccole, dovranno far propri per riuscire a rispondere alla sfida del rinnovamento industriale. Dopo aver offerto alcuni esempi concreti di modelli di business più o meno innovativi del recente passato, il Dean della School of Management dell’EPFL ha fatto presente che solo chi utilizzerà in maniera differenziante i servizi oggi attivabili tramite la rete saprà mantenere nel tempo un vantaggio competitivo: questa abilità necessita di una vera e propria rivoluzione culturale interna all’azienda, una consapevolezza profonda di come i processi debbano essere ri-orientati per supportare nuovi modelli di business. Inoltre, prima di avere successo, bisogna provare, fallire e quindi riprovare: in questo senso hanno una marcia in più quelle PMI che riescono a dotarsi di contesti organizzativi aperti alla sperimentazione di nuovi processi.

Dalle dinamiche dell’Open Innovation derivano opportunità relative sia all’“output” (prodotti, servizi e/o soluzioni), sia ad exit-strategy inedite per interi rami d’azienda (da cedere e valorizzare!). In questo contesto diventa dunque fondamentale la gestione del capitale intellettuale, degli asset intangibili e della proprietà intellettuale, argomento, questo, su cui è intervenuto il Dottor Di Martino (presidente e AD di ABIOGEN PHARMA), secondo il quale le recenti evoluzioni normative in materia di proprietà intellettuale e di reportistica sulla gestione delle finanze aziendali hanno favorito una nuova cultura all’interno di tante imrese italiane. Rimane il dubbio, a detta di alcuni dei partecipanti, se esista effettivamente in Italia un settore di Venture Capital in grado di apprezzare il valore di questi asset intangibili e di questi modelli di impresa. Non c’è stato contraddittorio su questo punto (anche perché in sala non c’era alcun venture capitalist) e la trattazione dell’argomento è stata dunque rimandata al Tech Forum di Milano del prossimo 19 Maggio.

#5 La collaborazione tra Davide e Golia

Tanti erano i manager presenti all’Anteprima.

Benjamin Jolivet di Citrix ha delineato i fattori preponderanti della società connessa che il sistema imprenditoriale-industriale dovrà necessariamente riconoscere e sostenere: (1) l’avvento della robotica collaborativa in vari ambiti della quotidianità; (2) le diverse tipologie di imprese e business model che si proporranno come volano di innovazione in diversi contesti e in rapporto a diverse culture e società (come si legge nel report di PWC “The future of work – A journey to 2022”); (3) la digitalizzazione dei luoghi di lavoro; (4) la coesistenza nei mercati di cinque “generazioni” caratterizzate da bisogni molteplici e differenziati; (5) la necessità di considerare in modo adeguato la cyber-security; (6) la necessità per i manager di diventare “digital thinkers”, per comprendere e governare i processi di modernizzazione digitale e per discernere quando sia opportuno o avventato procedere ad una ristrutturazione tecnologica nella propria azienda; (7) l’importanza di saper amministrare gli asset di proprietà intellettuale e la governance delle operazioni in outsourcing.

Lucia Chierchia, Head of Open Innovation di Electrolux, si è fatta portavoce del ruolo centrale che i singoli attori dotati di strutture più grandi e articolate sono chiamati ad assumere su di sé per porsi come motori dell’innovazione e driver di competitività nell’ecosistema produttivo nazionale in cui sono inseriti. L’approccio da seguire deve essere coerente con la logica rigorosa del processo: dapprima l’azienda definisce delle aree strategiche per il medio-lungo termine e in seguito crea dei collegamenti e delle attività di sviluppo anche con l’aiuto di “innovation brokers” specializzati. La grande azienda deve sapere rimodulare in itinere gli obiettivi strategici previamente formulati, con la consapevolezza che la prospettiva di lungo termine è un elemento irrinunciabile.

Spinetto di Pirelli Tyres ha confermato che il tema dell’agility è centrale anche in settori come l’automotive, in un contesto in profondo cambiamento che andrà a posizionarsi su un modello organizzativo riconosciuto come “produzione di massa customizzata”.

Come insegnano i corsi di change management e di strategia il cambiamento deve essere “consapevole”, coerente con le firm capabilities e guidato dalle absorptive capacity aziendali.  Ecco che in questo bilanciamento tra flessibilità e economie di scala, agilità e propensione al medio-lungo periodo, si inquadra la collaborazione tra piccola e grande impresa, tra Davide e Golia.

Il capo della divisione R&D di Ericsson, Alessandro Pane, ha sottolineato come ai più grandi player industriali spetti un ruolo chiave, nonché assai complicato! La maggioranza delle PMI italiane non risulta ancora preparata alla “Quarta Rivoluzione”: per questo le grandi aziende, nel loro ruolo di traino, devono evitare le fughe in avanti, che non verrebbero comprese e su cui non si creerebbero le giuste sinergie. E’ compito delle grandi aziende saper aspettare il momento opportuno ed utilizzare il tempo a disposizione per dotarsi delle risorse strategiche necessarie a sostenere e possibilmente orientare la transizione che verrà.

Ancora sulla questione della piccola e media impresa, Antonio Carbone e il Direttore Marco Falsetti, entrambi dell’Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea, hanno evidenziato l’importanza che i finanziamenti comunitari ricoprono per sostenere l’innovazione da parte dalle PMI e la loro rilevanza strategica nel contesto del ri-orientamento verso l’Industria 4.0.
SME Innovation Instrument, Fast Track, European Innovation Council, gli strumenti previsti dalla BEI (Banca Europea per gli Investimenti): tanti sono i canali attraverso i quali possono arrivare alle imprese italiane le risorse necessarie per affrontare la sfida. Ciò è stato dimostrato da Advanced MicroTurbines e Ekymed (spinoff rispettivamente dell’IIT di Genova e del Joint Technology Transfer Office JOTTO di Pisa), i cui modelli di business, ispirati e facilitati nella loro implementazione dai finanziamenti ricevuti nell’ambito di Horizon 2020, hanno offerto una dimostrazione concreta di quali siano le opportunità pro-innovazione offerte dai finanziamenti europei.

Appuntamento a Milano

La community del Forum si ritroverà presto a Milano per il Technology Forum 2017. Insieme a Valerio De Molli, Federica Alberti e Marta Gobbo abbiamo avuto il privilegio di osservare nel tempo la maturazione di questo dialogo, le tanto interessanti esperienze, ma soprattutto l’attento lavoro svolto per fornire ai partecipanti le chiavi interpretative degli elementi centrali nel dibattito di politica industriale di questo Paese.

Di Alberto Di Minin e Luisa Caluri