Seal of Excellence. Come spendere (bene) 330 Milioni di Euro

Euro più, euro meno, 330 milioni di euro sono i fondi complessivamente richiesti da 215 aziende italiane che dal 2018 ad oggi hanno ricevuto dalla Commissione Europea un Seal of Excellence per il loro progetto presentato nell’ambito dell’European Innovation Council Accelerator Pilot Program. Questo programma era già noto come SME Instrument e già con questo nome era di gran lunga il programma di Horizon 2020 più gettonato, più competitivo, più rapido ad erogare finanziamenti alle start-up e piccole e medie imprese europee di tutto il programma quadro (tanto che alcuni dei più nostalgici di noi si sono chiesti e hanno chiesto alla Commissione se fosse veramente necessario questo rebranding).

L’SME Instrument di Horizon 2020, in particolare la cd. “Fase 2”, oggi EIC Accelerator, è uno strumento che dal 2014 ha selezionato progetti e erogato in maniera veloce i finanziamenti assegnati, pari in media a circa 1,6 milioni di euro per proposta, che coprono il 70% del budget complessivo del progetto. Le aziende possono chiedere un finanziamento a partire da mezzo milione fino a 2,5 milioni di euro, le loro tecnologie devono avere un TRL (Technology Readiness Level) che oscilla tra 6 e 8 e devono presentare un piano di sviluppo tra i 12 e i 24 mesi.

La Commissione è riuscita a mettere in piedi un efficace sistema di controllo sulla spesa oltre che attività di coaching, networking e roadshow che hanno reso ancora più solido il business case delle aziende finanziate.

Alcune elaborazioni che abbiamo sviluppato con Irene Martelli all’Istituto di Management insieme ai colleghi Pietro Santoleri e Andrea Mina dell’Istituto di Economia della Scuola Sant’Anna, dimostrano che questi finanziamenti aumentano in maniera significativa gli investimenti, l’innovatività, la crescita e la capacità di attrarre ulteriori fondi di finanziamento. Lo studio ci conferma quanto ci hanno già sottolineato tante aziende vincitrici intervistate: “il telefono torna a squillare… questi programmi di finanziamento hanno un effetto importante anche agli occhi della comunità degli investitori”

Come abbiamo sottolineato spesso su #Fuoriclasse, l’Italia, dal 2014 ad oggi ha contribuito con grande generosità a questo programma, rimanendo insieme alla Spagna lo Stato Membro che più di altri ha inviato domande a EASME. Dal 2018, alle ultime cut-off chiuso a marzo del 2020, aziende italiane hanno presentato ben 2.018 domande di finanziamento sulle 19.055 pervenute nello stesso periodo per SME Fase 2, oggi EIC Accelerator.

Purtroppo, nella fase di selezione non siamo stati in grado di brillare tanto quanto altri paesi europei, e il risultato è che sulle 684 proposte finanziate (2018-2020) solamente 33 sono state presentate da aziende italiane, per un totale di circa 53 milioni di euro di finanziamenti a fondo perduto arrivati nelle casse di queste imprese per la realizzazione di progetti altamente innovativi.

Attenzione però, le 215 aziende di cui scriviamo oggi hanno in realtà superato il processo di selezione, presentando (alcune di esse più volte) un progetto che ha oltrepassato le rigorose soglie di valutazione su eccellenza tecno-scientifica, implementazione e impatto. Nei tabulati dell’ufficio EASME che da Bruxelles segue efficacemente il processo di valutazione, queste aziende sono dunque classificate come “sopra soglia ma non finanziate per mancanza di fondi”. Un vero peccato non vedere partire questi progetti, a cui la Commissione ha assegnato un Seal of Excellence. Non si tratta di un premio di consolazione ma di un documento ufficiale firmato dalla Commissione, che certifica la partecipazione alla call e fornisce dettagli utili a ricostruire le caratteristiche della proposta e il percorso di selezione. Questo documento certifica la posizione del proponente, garantendo comunque la confidenzialità sulle caratteristiche del progetto. Spetterà alla singola azienda evidenziare, tramite il Seal, l’effettivo risultato del processo di selezione. Alcuni paesi europei e alcune regioni hanno già approfittato dei Seals, dando loro a diverso titolo priorità nei diversi programmi di finanziamento. Su questo sito, la Commissione tiene traccia delle diverse iniziative. In Italia nel corso degli anni, con diversa enfasi e su alcuni ambiti specifici, si sono attivate alcune Regioni come il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, le Marche, il Piemonte, e per le Regioni del Sud, con fondi del PON, fino all’anno scorso, è intervenuto direttamente il MISE. Lodevoli iniziative, che però hanno fornito una risposta molto localizzata e parziale, principalmente focalizzata sui Fase 1, lasciando gran parte delle proposte con Seal in Fase 2 senza possibilità di  beneficiare di programmi di finanziamento.

L’iniziativa Seal of Excellence nasce nell’ottobre del 2015 per valorizzare meglio lo sforzo progettuale delle aziende dell’SME Instrument e dei ricercatori della Marie Skłodowska-Curie. Il Seal of Excellence assegna un bollino di qualità a valle del lavoro di selezione ed evidenzia la volontà politica della Commissione di stimolare programmi ulteriori di intervento che andassero a pescare tra questi Seals, lavorando anche sulla semplificazione dell’applicazione delle regole sugli aiuti di stato e dell’utilizzo dei Fondi Strutturali. L’Italiana Magda De Carli, allora vice nell’Unità di Dimitri Corpakis e attualmente Capo dell’Unità ‘European Research Area & Country Intelligence’ in DG Research &Innovation, ha fin dall’inizio coordinato le attività e animato la Community of Practice dedicata ai Seals, che coinvolge più di un centinaio di agenzie di gestione dei diversi Stati Membri.

Sebbene i nomi delle aziende che hanno ricevuto il Seal e le caratteristiche dei loro progetti siano protetti da confidenzialità, possiamo qui evidenziare alcuni aspetti aggregati, per le 207 aziende (su 215) di cui siamo riusciti ad incrociare i dati sul database Orbis.

PMI Italiane con Seals (2018-2020)
Nord-Ovest 80
Nord-Est 61
Centro 43
Sud e Isole 23

Il 68% di queste aziende si trova al Nord Italia, ed in particolare oltre 60 aziende hanno sede in Lombardia e 14 in Piemonte. Notevole è anche la presenza di aziende dell’Emilia-Romagna: 40 e del Lazio: 23. Non mancano aziende localizzate nelle altre regioni, compreso il Mezzogiorno, dove queste realtà imprenditoriali rappresentano delle importanti eccellenze.

N. dipendenti PMI Italiane con Seals (2018-2020)
<10 87
<50 62
<250 18
n.d 41

Si tratta di PMI di diversa natura, tantissime start-up, spin-off della ricerca ma non solo, anche aziende familiari di seconda o terza generazione e alcune imprese con più di un centinaio di dipendenti che tramite questo progetto si propongono di diversificare la loro attività. È uno spaccato interessante del nostro ricco contesto imprenditoriale.

Sono circa 3,500 gli addetti dei Seals di cui siamo riusciti a recuperare un attendibile dato occupazionale (circa 150 su 215 imprese) e c’è da attendersi che se queste aziende ricevessero il finanziamento richiesto, che complessivamente ammonta a 330 milioni di euro, cioè un milione e mezzo per proposta, attiverebbero centinaia di nuovi posti di lavoro. Bisogna considerare che oltre ad essere idee di innovazione e tecnologie considerate di ottima qualità, si tratta anche di progetti già ben definiti, organizzati in piani di lavoro di 24 mesi ciascuno. Se tramite risorse aggiuntive si arrivasse a finanziare velocemente e per intero questi progetti, è probabile che gran parte di queste aziende sarebbero in grado di attivarsi in poche settimane, considerato che si tratta di idee presentate a Bruxelles non prima di due anni fa (155 negli ultimi 12 mesi).

In che cosa si vorrebbero cimentare, nel concreto, queste aziende? Insieme ad Antonio Crupi, Post-Doc dell’Istituto di Management della Scuola Sant’Anna e alla collega Laura Pollacci, Ricercatrice presso il Laboratorio Knowlege Discovery del ISTI-CNR, abbiamo condotto un’analisi di topic modeling su alcune informazioni testuali contenute nelle proposte presentate da queste 215 aziende. È possibile raggruppare queste domande di finanziamento in 5 macro-categorie tematiche.

  1. Filiere del Made in Italy. La prima macro-categoria, che raccoglie quasi il 61% delle richieste effettuate, è quella riguardante le applicazioni innovative nell’ambito della manifattura e dello sviluppo di nuovi prodotti. Sono per lo più soluzioni rivolte all’azienda e non all’utente finale, che promuovono innovative applicazioni industriali e che quindi rafforzano a diverso titolo le filiere produttive. Le idee proposte riguardano maggiormente l’innovazione dei processi industriali attraverso ottimizzazione di tempi, costi e risorse per lo sviluppo di nuove linee di produzione per aumentare la competitività delle aziende sul mercato. Si tratta di proposte che forse mancano di quello “sprint disruptive” chiesto a gran voce dai valutatori di Bruxelles, ma che hanno una rilevanza enorme per l’innovazione incrementale che caratterizza il cuore dell’avanzamento del Made in Italy.
  2. Green Economy. La seconda macro-categoria, con 35 proposte (cioè il 16% circa), riguarda principalmente le innovazioni nel campo dell’agricoltura sostenibile. Questo campo riveste una notevole importanza per le aziende italiane in quanto combina due settori in cui le nostre imprese sono tradizionalmente considerate delle eccellenze ovvero l’agricoltura e l’innovazione eco-green. Le proposte in questa categoria offrono soluzioni innovative nell’ambito della produzione alimentare interessando l’intera filiera dalla semina, l’irrigazione, la concimazione, la trasformazione industriale e la commercializzazione con il dichiarato impegno di applicare le innovazioni scientifiche e tecnologiche per ridurre l’impronta ecologica della produzione di cibo e dell’agricoltura. Tante di queste idee imprenditoriali hanno dunque un’immediata valenza per le sfide del Green Deal tanto care a Bruxelles.
  3. Piattaforme Digitali. La terza macro-categoria, che conta quasi l’11% delle proposte, raggruppa le innovazioni proposte in termini di sviluppo software, gestione dati e applicativi da integrare in contesti di piattaforme digitali. Un numero importante di aziende italiane infatti combina la propria esperienza nel digitale con lo sviluppo di programmi e soluzioni digitali applicativi nel campo della gestione dei dati, della cyber security, nella gestione da remoto di sistemi digitali complessi e nel campo del marketing. Per sua natura anche questo è un settore, come il primo, destinato a raccogliere proposte che riguardano diversi ambiti di applicazione industriale. A differenza del primo però queste proposte non devono per forza essere destinate solamente a compagnie o realtà produttive, possono infatti comprendere anche soluzioni per utenti finali o da integrare in ambienti digitali (piattaforme) già esistenti come applicativi aggiuntivi.
  4. Covid e Salute. La quarta macro-categoria, che comprende quasi il 9% delle proposte, è quella dedicata al settore della medicina. In questo ambito si concentrano gran parte delle proposte che sono state sollecitate nell’ultima call, che ha dato priorità alle proposte innovative per affrontare l’emergenza Covid. A differenza delle precedenti categorie, dedicate a più settori industriali, questa categoria offre soluzioni molto specifiche al settore della salute. Interessante è notare come le innovazioni proposte nel settore medico riguardino tanto la diagnostica quanto le applicazioni biomedicali per la riabilitazione o la cura delle malattie (non solo Covid ma anche tumori e molto altro). Le soluzioni innovative proposte in questo ambito spaziano dai sistemi biomedicali concepiti per la cura, la riabilitazione e la terapia domestica dei pazienti, alla diagnostica avanzata per prevenire infarti e individuare sul nascere i tumori con tecniche meno invasive e dai limitati effetti collaterali.
  5. Sperimentazione Avanzata. La quinta macro-categoria è composta da una manciata di proposte (circa il 4% del totale) che fanno riferimento a tecniche di simulazione, monitoraggio e sperimentazione utili in svariati ambiti di nicchia, dalla neurochirurgia alle osservazioni ambientali.

 

In tutti questi anni, chi vi scrive ha sostenuto più volte l’opportunità di finanziare queste aziende. Lo abbiamo fatto con convinzione, come Delegato italiano PMI in Horizon 2020, come National Contact Point APRE e come studiosi di management dell’innovazione. Ora che ci stiamo chiedendo come investire le risorse per la ripartenza, ecco un’idea con un budget di 330 milioni, da impiegare subito su business plan concreti e per lo sviluppo di tecnologie d’avanguardia. Abbiamo l’opportunità di mettere in pista importanti progetti di innovazione di qualità, di difendere e attivare posti di lavoro altamente qualificati, e sostenere progetti imprenditoriali meritevoli. Un’idea da portare ai tavoli di lavoro a Villa Doria Pamphilj?

 

Di Alberto Di Minin e Antonio Carbone

Analisi dati a cura di:
Antonio Crupi, Laura Pollacci, Alessia Rotolo, Valentina Cucino, Nicola Del Sarto e Irene Martelli.