Si sono spenti i riflettori del Tech Share Day 2020 (TSD) – evento organizzato a metà novembre dal Network per la valorizzazione della ricerca universitaria (NETVAL), insieme al Politecnico di Torino e all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) del MISE – con la partecipazione di circa 1.600 ospiti, di cui 335 tra opinion leader e investitori, oltre che 42.000 visualizzazioni online. Importanti i numeri, grande anche la qualità nei contenuti. Il TSD ha permesso di presentare oltre 500 tecnologie biomediche brevettate da 80 università, centri di ricerca italiani e IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) ma anche di valorizzare 86 tech plus inviate da 33 atenei e istituti di ricerca il cui contenuto è stato visualizzato circa 7.000 volte.
Frequentando queste giornate, abbiamo maturato tre idee chiave per il mondo del trasferimento tecnologico.
Innanzitutto, per condividere conoscenza occorre semplicità. Così, Shiva Loccisano, Responsabile Trasferimento Tecnologico e Relazioni con l’Industria presso il Politecnico di Torino, presenta Knowledge Share, la piattaforma che condivide contenuti di valore con, appunto, semplicità. Knowledge Share, mettendo a disposizione brevetti e tecnologie risultato dell’eccellenza del know-how scientifico delle Università e dei Centri di Ricerca italiani, rende fruibili quanto di meglio la terza missione della ricerca pubblica ha da offrire e mette in contatto gruppi di ricerca ed imprese in modo da valorizzarne i risultati. Ogni singola tecnologia viene raccontata in maniera sintetica così da renderla accessibile a tutti, in particolare alle PMI.
Il pay-off di Knowledge Share è immediato: “qui si condivide conoscenza!”. Ma fosse così semplice… in realtà semplice non è… e il richiamo alla semplicità è in realtà uno degli aspetti che illustra meglio il successo di questa piattaforma, che è semplice perché (meglio di altri contesti) nasconde la complessità del trasferimento, ne distilla i contenuti in forme che sono trasparenti, estremamente immediati da comunicare e da trasferire. Attrezzare e animare una vetrina di brevetti non è per niente banale, specie sa a contribuirci sono 80 istituzioni tra centri di ricerca, università e IRCCS, 1300 brevetti in piattaforma e 1050 tradotti in linguaggio fruibile e pubblicati in doppia lingua, 857 utenti innovatori (in primis aziende ma anche persone fisiche) che si sono registrati alla piattaforma, con 80 contatti complessivi veicolati dalla piattaforma. La semplicità di Knowledge Share è quindi un risultato importante, tutt’altro che scontato.
In secondo luogo, per un buon percorso di trasferimento tecnologico occorre un buon livello di formazione professionale. “La figura e i ruoli dell’innovation manager sono tutt’altro che definiti e sono in continua evoluzione” – afferma Laura Spinardi (Office Manager presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico). Sebbene non esista una definizione ed una certificazione nazionale, questa professione è riconducibile al Registered Technology Transfer Professionals (RTTP). Un professionista del trasferimento tecnologico deve infatti possedere le competenze necessarie per lavorare efficacemente nel campo del trasferimento di tecnologia o dello scambio di conoscenze per far avanzare idee innovative. I RTTP sono professionisti le cui esperienze sono certificabili, sono (di nuovo semplicemente) comunicabili. Il contesto italiano si sta progressivamente aprendo alle procedure RTTP, e questa è senza dubbio una buona notizia, una novità importante che permetterà di riconoscere i manager del TT che hanno esperienza sufficiente per aggiungere valore significativo sulla base di un track record in peer review.
Parentesi… visto che magari non tutti siamo aggiornati. La qualifica RTTP è un risultato che si raggiunge in tre passaggi. Il primo, l’esperienza sul campo grazie a buoni risultati ottenuti e ad almeno tre anni di lavoro nell’ambito del trasferimento tecnologico; il secondo, la formazione mediante l’ottenimento di 60 continuing education (CE) points su tematiche molto specifiche o l’acquisizione di 30 CE points accompagnati da una lista di accordi di trasferimento già siglati. I crediti vengono rilasciati da enti riconosciuti nell’ambito del trasferimento tecnologico quali Netval e ASTP Proton. Il terzo prerequisito è la case history: l’evidenza concreta di almeno un caso di trasferimento di successo di cui si è stati promotori.
Infine, il terzo spunto riguarda l’attrazione dei talenti. Ripetiamo spesso su questo blog che le Università sono fabbriche di talenti, e oltre alla produzione di conoscenza esse devono prestare attenzione al trasferimento delle persone. Sottolinea Mario Zucca, Delivery Director di Softjam Innovation, come questa funzione sia centrale in particolare per le PMI, spesso alle prese con contesti in continua evoluzione, con alti livelli di innovazione e una competizione sempre più agguerrita. La produzione di nuova conoscenza non è solamente il risultato di anni di formazione accademica, ma deriva anche dalla combinazione di competenze che possono incrociarsi in percorsi di ricerca applicata e collaborativa tra università e imprese.
Comunicare semplicità, investire sulla professionalità e gestire i talenti: ecco le tre idee per il trasferimento tecnologico che ci portiamo a casa dal TSD2020.
Di Alberto Di Minin, Valentina Cucino & Nicola Del Sarto