Alla ricerca del cibo più raro e prezioso: storia di un’azienda che sembra la trama di un romanzo

Tra tutti i personaggi che affollano il romanzo Cent’anni di solitudine di Gabriel García Márquez, uno in particolare ci è sembrato affine a Riccardo Uleri, amministratore delegato di Longino&Cardenal. Il personaggio in questione è Melquìades, il magico viandante che, in ogni sua visita al villaggio di Macondo, porta con sé ricchezze e cose mai viste, come il ghiaccio. Nello stesso modo lavora Uleri, che da quasi trent’anni propone ai suoi clienti cibi rari e preziosi provenienti da tutto il mondo. L’idea di proporre al cliente prodotti che sono il frutto di una ricerca costante (e non di assecondarlo rispondendo alle sue esigenze) è uno dei punti fermi della filosofia di Longino&Cardenal, punti che l’hanno resa un’azienda solida, in salute e con una storia che sembra davvero quella di un romanzo. 

Torniamo all’inizio allora, negli anni ‘80, quando quattro amici imprenditori decidono di fondare l’azienda nello spezzino. Tra questi amici non c’è ancora Uleri: anche lui è un imprenditore, come molti membri della sua famiglia, ma per il momento è impegnato nel settore tessile. Ha già in mente un cambio di rotta e in questo sogno lucido ha previsto tutte le tappe che seguirà: pensa di fondare una società da zero, per cercare prodotti alimentari da distribuire in negozi e ristoranti. Il caso vuole che i quattro amici spezzini cerchino qualcuno a cui vendere la quota di maggioranza ed è così che il sogno di Uleri inizia a trasformarsi in un progetto reale. Sposta la sede dell’azienda a Pogliano Milanese e continua a lavorare nel solco tracciato dai fondatori: essere un fornitore di eccellenza per ristoranti e gastronomie. 

Il nome dell’azienda rimane lo stesso e anche questo ha una storia da raccontare. È nato dalla fantasia dei fondatori che hanno inventato la storia di questi due personaggi: Longino, uno svizzero di nobili origini, e Cardenal, un pescatore cubano. Accomunati dalla passione per il cibo, i due girano il mondo alla ricerca di prodotti da scoprire. Proprio come fa Uleri, al quale sono capitate avventure simili a quelle di un fumetto: di arrampicarsi sulle reti dei pescatori e alzarsi prima dell’alba per andare a cavallo a controllare gli allevamenti di bestiame nel Montana. 

È questo che permette a Uleri di proporre dei prodotti straordinari, e di venderne anche la loro storia. L’idea di brandizzare la materia prima è un altro dei punti fermi dell’azienda. «Il produttore ha tante cose da dire: come viene trasmessa questa conoscenza al compratore? Io lo racconto dando un nome ai miei prodotti. Come Glacier 51, un merluzzo che viene pescato a quattromila chilometri a sud dell’Australia, in acque molto profonde. Un pesce straordinario, che ha un costo elevatissimo e che i miei clienti non riconoscono per il tipo di carne, ma per la sua storia, diversa da tutti i suoi simili». 

Una storia che Uleri racconta e fa conoscere ai suoi clienti, seguendo un principio completamente diverso rispetto ai suoi colleghi: dove la maggioranza lavora su richiesta degli chef, Longino&Cardenal propone agli stessi cose che fino a quel momento non avevano in mente o che proprio non conoscevano. 

Eccellenza nei prodotti, quindi, accompagnata da eccellenza di processo. Avere materie prime rare e preziose, infatti, non basta per creare una realtà imprenditoriale di successo. Bisogna trattare questi prodotti con cura. È ciò che ha fatto Uleri, mettendo a punto, insieme a sua moglie un sistema estremamente rigoroso: un processo di gestione dove nulla è lasciato al caso, capace di collegare efficacemente il prodotto con il mercato. 

E con i mercati: Longino&Cardenal ha aperto sedi internazionali a Hong Kong, Dubai e New York. Sedi nelle quali i punti fermi della filosofia di Uleri e la sua cura per il dettaglio vengono replicati come nella realtà italiana. «Quando ho aperto la sede di Hong Kong» ci ha raccontato Uleri, «ho passato là tre anni con la mia famiglia. Tutti mi dicevano che avrei dovuto adattare i miei prodotti al mercato locale. Io invece pensavo di fare il contrario: andavo a proporre la mia gamma di prodotti, convinto che, dopo averli conosciuti, li avrebbero apprezzati. Non sono andato lì a soddisfare un bisogno, ma a fare una proposta e a venderla nel mio modo».

Oggi Longino&Cardenal è un’azienda quotata in Borsa, che ha raggiunto i 30 milioni di fatturato, con un portafoglio di prodotti ampio, tanti clienti e tanti partner. Un paradigma, quello di vendere poco a tanti, che Uleri è riuscito a mantenere anche durante la pandemia, realizzando un sensibile cambio di orizzonte attraverso la creazione di una piattaforma di e-commerce.

«Il 9 marzo 2020», ci ha raccontato Uleri, «avevo il magazzino pieno. Così ho mandato un messaggio a tutti i miei amici e ho chiesto di darmi una mano a smaltire i prodotti, facendo loro uno sconto del 40%. Molti mi hanno chiesto se potevano inviare il messaggio ad altri, così il giorno dopo ho mi sono messo d’accordo con il mio responsabile marketing e abbiamo fatto un gruppo Facebook chiamato “Resto a casa con Longino” con la lista dei prodotti disponibili. In questo modo abbiamo raccolto tutte le informazioni sui prodotti in un unico punto, chiedendo anche agli utenti di condividere le ricette preparate con i nostri prodotti». 

Nel giro di una settimana il gruppo Facebook contava più di 2000 utenti. Una spinta che ha permesso a Uleri di andare avanti con il progetto, trasformandolo prima in un sito wordpress, realizzato in sole due settimane, e infine in un sito più strutturato, sviluppato in tre mesi e tutt’ora attivo e funzionante. 

Un esito più che positivo considerando il tipo di operazione, che in un primo momento si mostrava ricca di insidie. A più di un anno di distanza Uleri può affermare che l’operazione sia stata efficace e di successo. 

“Non può piovere per tutta la vita”, scrive Márquez nel suo romanzo. E tuttavia saper ballare anche sotto la pioggia è una capacità che hanno in pochi. Gli stessi che sanno trasformare un’idea in un progetto, prendersi cura del loro sogno e tenerlo in vita per più di trent’anni. 

Di Alberto Di Minin