#China Issues con Massimo Bagnasco. Le relazioni commerciali tra Cina e Europa

Lunedì 17 Aprile l’ospite del corso China Issues della Scuola Superiore Sant’Anna è Massimo Bagnasco, Vice Presidente nazionale e Chairman della circoscrizione del Sud-Ovest della Camera di Commercio Europea in Cina. Il suo intervento è incentrato sulle relazioni commerciali tra Cina e Europa. 

Come è ripartita la Cina post-covid? 

La Cina è stato il primo paese a sperimentare un’epidemia di COVID-19 e a trovare un modo per tenere sotto controllo la situazione durante i primi due anni della pandemia. Ciò ha portato ad una rapida ripresa economica rispetto al resto del mondo, proteggendo nel contempo la salute della sua popolazione. 

Tuttavia, di fronte alle nuove varianti altamente trasmissibili del virus, la strategia zero-COVID della Cina ha avuto un enorme impatto sull’economia, con blocchi imprevedibili, chiusure estese delle frontiere e restrizioni sui viaggi nazionali che hanno ostacolato significativamente le normali operazioni commerciali per la maggior parte del 2022.

All’inizio del 2023, dopo il brusco abbandono dei severi controlli pandemici, l’economia cinese ha iniziato a mostrare segni di ripresa. Tuttavia, al di là di una situazione geopolitica sempre più complessa, il governo cinese deve affrontare molteplici avversità interne, tra cui il calo demografico, la spirale del debito, la crisi immobiliare in corso e la fiducia dei consumatori ancora bassa, al fine di mantenere lo slancio della crescita. 

Finora, i dati del primo trimestre indicano una forte ripresa dei servizi retail e viaggi, sostenuti da una domanda repressa. 

Comunque dopo l’esperienza di lockdown e misure di quarantena che hanno gravemente minato il senso di sicurezza finanziaria tra i consumatori cinesi, il vero test è quanto le misure di supporto intraprese possano compensare l’idea di risparmiare denaro per un futuro incerto. 

Resta inoltre da vedere quanto saranno efficaci nel medio e lungo termine le misure annunciate di recente volte a sostenere il mercato immobiliare e stimolare i consumi interni.

In ogni caso, l’obiettivo di crescita del PIL nazionale per il 2023, fissato a marzo a circa il 5% , è generalmente considerato raggiungibile dagli analisti e dalle imprese.

A livello provinciale, le Municipalità di Pechino e Tianjin hanno i valori più conservativi, tra il 4 e 4,5%. Mentre Tibet e Hainan (grazie alla “porto di libero scambio”) hanno fissato l’asticella molto alto con un obiettivo superiore all’8% che è giustificato da strategie nazionali e anche dall’attuale livello di sviluppo di queste aree che è inferiore rispetto ad altre zone della Cina. 

Qual è lo stato delle relazioni UE-Cina?

Le relazioni UE-Cina stanno attraversando un periodo molto complesso. Mentre le due parti sono legate insieme da forti legami economici, le tensioni politiche sono sempre più in aumento su una serie di questioni, tra cui le accuse di violazioni dei diritti umani in regioni come lo Xinjiang, le ricadute della Cina con la Lituania riguardo Taiwan e la posizione della Cina nei confronti della Russia, in relazione alla guerra in Ucraina.

Negli ultimi anni l’UE ha inoltre adottato misure per tutelare i propri interessi, adottando e proponendo diversi strumenti, come il protocollo per la verifica degli investimenti diretti esteri (IDE) volto a garantire equità alle imprese dell’UE, proteggere il mercato unico dell’UE e garantire la trasparenza. 

È importante notare che questi strumenti sono difensivi e non rivolti a nessun paese specifico. Nascono piuttosto dal riconoscimento che l’UE deve diventare più strategica nel suo approccio alla tutela della propria sovranità e spingere le sue imprese a ricevere un maggiore accesso al mercato e un trattamento più equo nei mercati terzi.

In un recente discorso, pronunciato prima della visita a Pechino all’inizio di aprile, la Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha sottolineato che, anziché “disaccoppiare” (decoupling), l’UE affronterà un processo di “de-risking” mantenendo comunque i principi fondamentali di apertura e parità di trattamento del mercato europeo.

Questo processo di “riduzione del rischio”, che per altro la Cina ha già affrontato in maniera molto più profonda con strategie locali, sarà volto a rendere la propria economia e le proprie industrie più competitive e resilienti attraverso un migliore uso degli strumenti esistenti e la progettazione di nuovi strumenti difensivi per i settori strategici, pur allineandosi con i suoi partner in tutto il mondo. Allo stesso tempo, la presidente, ha chiesto di mantenere la trasparenza, la prevedibilità e la reciprocità come i tre pilastri dei legami politici ed economici con la Cina.

Quali sono le prospettive di business e le previsioni per le imprese europee in Cina?

La Cina rimane un mercato attraente per molte aziende grazie alle sue dimensioni e al suo potenziale di crescita. 

I membri della Camera europea indicano inoltre che la Cina li mantiene innovativi e competitivi a livello globale, nonché generalmente profittevoli. Risulta quindi  fondamentale mantenere una presenza in questo importante mercato. 

Al tempo stesso, ci sono sfide di lunga data e nuove che hanno incrinato le prospettive per un numero rilevante di imprese, soprattutto quelle di piccola e media dimensione. 

Permangono questioni di lunga data, come la mancanza di condizioni di parità, la scarsa applicazione dei diritti di proprietà intellettuale e le restrizioni all’accesso al mercato. Nel frattempo, le attività commerciali stanno diventando sempre più politicizzate, con l’ideologia vista come prevalente sull’economia da un ampio raggio di esponenti. 

In passato, la Cina ha già dimostrato più volte di saper reagire costruttivamente ad una crisi imminente. Ad esempio, alla fine degli anni ’90, di fronte a venti contrari di portata simile a quella attuale, il paese ha intrapreso una serie di coraggiose riforme. 

Tra queste, la significativa ristrutturazione del settore statale, che ha aperto la strada all’adesione della Cina all’OMC e agli anni di crescita a doppia cifra.

La Camera europea ha lanciato il suo, annuale, Position Paper 2022/2023 nel settembre 2022, come sempre, allo scopo di aiutare la Cina a realizzare il suo potenziale economico. Le 967 raccomandazioni costruttive contenute nel documento indicano i settori in cui le imprese europee sono alla ricerca di ulteriori aperture e riforme che consentano loro di espandere i loro investimenti e contribuire pienamente alla crescita economica sostenibile in Cina

Qual è l’impatto delle tensioni politiche internazionali nel business delle aziende europee in Cina? 

L’impatto delle tensioni politiche internazionali sulle imprese che operano in Cina è che molte di queste aziende devono ora camminare su una corda, politica, che sta diventando sempre più instabile. Ad esempio, le tensioni tra Stati Uniti e Cina hanno portato a un maggiore controllo delle società straniere che operano in Cina, il che può portare a questioni normative, come la necessità per tutte le società che esportano dalla Cina verso gli Stati Uniti di conformarsi alla legge “Uyghur Forced Labor Prevention Act”, e dimostrare di non essere coinvolte in pratiche di lavoro forzato, sia direttamente che tramite i propri fornitori. 

Ovviamente le aziende europee vogliono essere conformi, ma è molto impegnativo in quanto le attuali condizioni in Cina non consentono loro di far ispezionare e certificare le proprie operazioni, figuriamoci quelle dei loro fornitori. Sempre più aziende devono inoltre soddisfare richieste contrastanti, con alcuni clienti cinesi che ora richiedono prodotti senza parti prodotte negli Stati Uniti e alcuni clienti statunitensi che chiedono prodotti senza parti prodotte in Cina. 

Inoltre, l’inasprimento del sentimento pubblico nell’UE nei confronti della Cina sta influenzando le decisioni nelle sedi centrali delle imprese europee. Laddove le discussioni nei quartieri generali erano incentrate principalmente sulle opportunità di investimento nel mercato cinese, ora si concentrano sulla costruzione della resilienza della catena di approvvigionamento, sulle sfide nel concludere, sulla gestione del rischio di danni alla reputazione e sull’importanza della conformità globale. 

Ad aggiungere ulteriore complessità nel fare affari in Cina è la posizione di Taiwan nelle catene di approvvigionamento globali ed i rischi correlati ad un potenziale inasprimento delle questioni geopolitiche correlate ad essa. Quando la Russia ha invaso l’Ucraina, sono aumentate le speculazioni sul fatto che la Cina potrebbe intraprendere azioni simili verso Taiwan, il che ha spinto a pianificare scenari di ogni genere negli uffici centrali delle società europee. Ciò include il calcolo dell’impatto sulle operazioni globali nel caso in cui debbano ritirarsi dal mercato cinese nello stesso modo in cui molti hanno fatto dalla Russia.

Il “decoupling” è un’opzione concreta?

Alcune aziende hanno spostato le loro catene di approvvigionamento fuori dalla Cina a causa dell’aumento dei costi e di altri fattori, ma questo è un processo graduale. 

La Cina rimane un mercato importante, se non fondamentale, per molte aziende europee, quindi la completa separazione dei legami è altamente improbabile.

Recentemente l’UE ha anche cercato di diversificare le sue catene di approvvigionamento, per alcuni materiali, al fine di ridurre la sua dipendenza da qualsiasi paese. Vi sono aree in cui la dipendenza dell’UE dalle importazioni dalla Cina è elevata, in particolare per quanto riguarda le terre rare e alcuni prodotti farmaceutici. Nell’affrontare questo problema, è comunque fondamentale, che l’UE adotti un approccio personalizzato, identifichi i settori specifici in cui esistono le dipendenze chiave ed eviti di adottare politiche generalizzate. 

Anche le recenti dichiarazioni del presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen hanno confermato l’importanza di evitare il “decoupling”. Von der Leyen sta cercando di orientare una linea sulla Cina diversa da quella degli Stati Uniti, sottolineando che il suo obiettivo non è quello di “disaccoppiare” l’economia europea dalla Cina, bensì di avviare un processo di “riduzione del rischio attraverso la diplomazia”.

Di Alberto Di Minin e Filippo Fasulo