Proof of Concept come abilitatore relazionale

Lo scorso 20 Settembre, alla XVI conferenza annuale di Netval – Network italiano per la valorizzazione della ricerca, è stato presentato il Report di analisi di impatto sul primo bando PoC – Proof-of-Concept. Si tratta di una misura di policy che i nostri lettori conoscono bene lanciata dall’allora Ministero dello Sviluppo Economico, oggi Ministero delle Imprese e del Made in Italy e promossa dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, con Invitalia Spa come ente gestore. Parliamo di 37 realtà coinvolte tra università, IRCSS ed Enti Pubblici di Ricerca, per un investimento pari a 5,26 milioni di Euro per innalzare il TRL di 155 brevetti.

Mentre la seconda edizione del bando sta partendo con il processo di selezione interna delle nuove tecnologie, i tempi sono maturi per una prima analisi di impatto della prima edizione, a quattro anni dal lancio dell’iniziativa. Lo studio, realizzato da Netval in collaborazione con l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna, riporta un quadro del trasferimento tecnologico in Italia negli ultimi anni e dell’impatto della misura nel cambio di paradigma che ha vissuto.

La prima edizione del bando registra un aumento medio del TRL pari a poco più del 70%. Un valore che, oltre a certificare il raggiungimento di uno degli obiettivi chiave del bando, fa da cartina al tornasole in merito all’efficacia della misura implementata. Il 35% delle tecnologie coinvolte sono state valorizzate in percorsi di imprenditorialità accademica. Nello specifico, 31 tecnologie sono state al centro della creazione di spin-off, mentre 24 sono nelle prime fasi di questo processo. Il 26% delle tecnologie sono state valorizzate tramite contratti di licenza o si trovano in fase di negoziazione. In aggiunta, più di un terzo sono state al centro di contratti di ricerca collaborativa con realtà di vario tipo. Nell’attività di valorizzazione, le soluzioni sono state presentate a 380 aziende e 47 investitori sia nazionali che esteri.

Il report evidenzia il ruolo dei PoC come strumento d’unione tra attori, uffici, processi anche perché flessibili by design a seconda dei bisogni del contesto di riferimento. La misura gioca un ruolo di “abilitatore relazionale”, favorendo lo sviluppo di interazioni tra pubblico-privato e agendo come piattaforma a supporto degli uffici per il trasferimento tecnologico nella costruzione di relazioni col mondo esterno. Di fatto, la natura operativa di questo strumento “costringe” enti e gruppi di ricerca a trasferire conoscenza in modo concreto tramite contratti e progetti.

Tra i punti di forza vediamo che la misura ha attivato modalità di co-finanziamento e di collaborazione tra enti fin dall’inizio, permettendo la creazione di PoC in diverse realtà e incentivando l’attribuzione di rilevanza a progetti sui quali i beneficiari hanno investito direttamente. Inoltre, il bando ha attivato relazioni con una quantità di risorse tutto sommato di piccola entità. In altri casi di policy, volumi maggiori non sono sempre stati capaci di innescare queste dinamiche collaborative che – come ben sappiamo – sono alla base dei processi innovativi.

(pubblicato su il Sole 24 Ore di domenica 1 ottobre 2023)

Di Alberto Di Minin e Giovanni Tolin